Cosa possono fare i lupi

2016 08 01 Raphael e Gislende
Chaviere

Raphael è sempre stato in alpeggio. Da anni ha abbandonato l'allevamento di pecore mettendo su un'azienda con la moglie. Gislende anche, ma sulla montagna di fronte, la sua famiglia è sempre stata in alpeggio sotto il colle del Moncenisio. A diciotto anni aveva iniziato a costruirsi una vita in paese ma Raphael l'ha riportata in montagna. La montagna di fronte dove sono felici tutti e due con i loro figli. Allevano mucche da latte, munte due volte al giorno e hanno il laboratorio per la trasformazione del latte in cui lavorano insieme.
Raphael è sempre stato in alpeggio. Da anni ha abbandonato l’allevamento di pecore mettendo su un’azienda con la moglie. Gislende anche, ma sulla montagna di fronte, la sua famiglia è sempre stata in alpeggio sotto il colle del Moncenisio. A diciotto anni aveva iniziato a costruirsi una vita in paese ma Raphael l’ha riportata in montagna. La montagna di fronte dove sono felici tutti e due con i loro figli. Allevano mucche da latte, munte due volte al giorno e hanno il laboratorio per la trasformazione del latte in cui lavorano insieme.

Nel giro di poco tempo settanta animali colpiti a fine estate.

– Mi pare fosse il duemilatrè. Noi avevamo l’alpeggio davanti a Entre deux Eaux. Non salivamo tutti i giorni a guardare le pecore, era così da generazioni. Tutti i giorni andavamo sul versante di fronte e guardavamo con il binocolo se tutto era in ordine. Un giorno di fine estate, era da quindici giorni che non salivamo e mio padre è andato a vedere. Ne ha trovate venticinque morte sgozzate e mezze mangiate. Ha deciso di portarle immediatamente vicino al paese per tenerle al riparo e ha sparso la voce. Il tempo di organizzare il viaggio e il mattino dopo ne mancava un’altra. Siamo partiti ma non si poteva fare tutta la strada in un giorno. La sera le abbiamo messe tutte insieme vicino al lago del colle.
Il mattino dopo abbiamo trovato una strage: c’è n’erano 30 morte sgozzate, un paio le avevano mangiate, le altre le avevano soltanto uccise.
Siamo scesi con il cuore pesante e le abbiamo portate nei prati vicino a Termignon come tutti gli altri pastori del paese per sfuggire a questa furia. I lupi le avevano seguite. Era come se fossero diventate di loro proprietà. Ogni notte ne mancava una. Per quindici giorni hanno continuato così, prendevano principalmente quelle di quel gregge lì, finché non le abbiamo rinchiuse.
L’estate seguente siamo saliti io e mio fratello, lui è rimasto in alpeggio tutta l’estate.  Abbiamo messo nel gregge i patù dei Pirenei. Questi cani sono molto in gamba a difendere le pecore, si mischiano a loro e controllano tutto che può metterle in pericolo ma si sono verificati alcuni incidenti per cui bisogna fare davvero molta attenzione.
L’anno scorso i nostri cani hanno attaccato una turista vicino al rifugio. Le autorità hanno imposto di toglierli dall’alpeggio e di sopprimere la femmina. Così è stato. Quella notte i lupi sono arrivati e si sono serviti.
Fino a vent’anni fa a Termignon c’erano diciotto greggi di due, trecento animali e una più grande che ne contava più di settecento. Adesso ci sono solo più tre pastori di cui uno è mio fratello che da allora non ha più cambiato niente. Lui e i suoi patù guardano le pecore.
– è una storia dolorosa, da quando è successo non ne avevamo mai più parlato in famiglia.

Isotta era a fine ferratura, talmente al fondo che un ferro si era spezzato in due e io che non ne avevo più di ricambio, avevo dovuto riattaccargli quella triste metà purchè qualcosa riparasse un po' quel povero anteriore. Rimetti qui e rimetti là e il sacchetto dei chiodi per le emergenze si era svuotato negli zoccoli. L'ultimo ferro ne aveva due, erano la scorta della scorta, erano quei due vecchi chiodi arrugginiti che avevo piantato nel cappello per il 'non si sa mai'. L'alpeggio di Chaviere era il primo posto dove prendeva il telefono da quando era cominciato il requiem della ferratura. Mi sono fermata da loro con molte preoccupazioni e sono ripartita tranquilla con dei ferri di qualche altro cavallo e dei chiodi portati su da Lionel, uno dei loro migliori amici che ha un maneggio a Termignon.
Isotta era a fine ferratura, talmente al fondo che un ferro si era spezzato in due e io che non ne avevo più di ricambio, avevo dovuto riattaccargli quella triste metà purchè qualcosa riparasse un po’ quel povero anteriore. Rimetti qui e rimetti là e il sacchetto dei chiodi per le emergenze si era svuotato negli zoccoli. L’ultimo ferro ne aveva due, erano la scorta della scorta, erano quei due vecchi chiodi arrugginiti che avevo piantato nel cappello per il ‘non si sa mai’. L’alpeggio di Chaviere era il primo posto dove prendeva il telefono da quando era cominciato il requiem della ferratura. Mi sono fermata da loro con molte preoccupazioni e sono ripartita tranquilla con dei ferri di qualche altro cavallo e dei chiodi portati su da Lionel, uno dei loro migliori amici che ha un maneggio a Termignon.
Lionel
Lionel se ne va dopo avermi lasciato dei chiodi per sicurezza. Non ne ho avuto bisogno, così come sono partita da qui, sono arrivata a casa. Se non li avessi avuto, sarebbero serviti di sicuro.

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