La gher nella scodella

Dentro una scodella di roccia, vive un mondo di erba

Sulla mappa è segnata una pista che da Bayarkhaikhan punta dritta a ovest fino al confine con l’Ovs. Molti bivio portano di qua e di là ma scegliendo sempre l’ovest li ho risolti. Raggiunto il colle si capiva che non avremmo più dovuto salire e stavo già festeggiando quando un altro dubbio è venuto a guastare la festa. Dritto a ovest c’era una montagna e la pista si divideva in due. Stavolta qual era quella giusta?
Il colle: una spianata di erba non erba e sassi. Un vento da non stare in piedi e le due strade.
Nessuno.
Pietre e pietre.
Il fumo di una gher che sale tra le pietre!
Non c’era e invece c’era. In quel punto una depressione del colle foderata di erba vera nascondeva due gher, un recinto pieno di pecore e una famiglia intera che le stava tosando. Lì sembrava che il vento non ci fosse.

Il taccuino mi presenta. Nascono sempre domande che non so come rivolgere e a cui non so rispondere.

Il figlio più grande si è allontanato dal recinto delle pecore con me per accompagnarmi alla gher più grande dove la nonna mi ha offerto una scodella di tarag senza zucchero.. Che buono!
Era una gher miracolosa. Chi abbia mai montato una di queste tende sa che l’equilibrio che tiene in piedi la struttura non è affatto scontato e che ogni pezzo ha una parte fondamentale per tenere tutto insieme. La struttura di sostegno di una gher è formata da due pali (pakhan) e una cupola in cui vanno a intestarsi le aste (khan) che sostengono la copertura. In questa tenda c’era un solo pakhan.  La tenda era la più piccola che abbia visto, la sua circonferenza era data da due muri e mezzo tirati al massimo più la porta che era piccolissima. Dentro sembrava come tutte le altre, solo un pochino storta, c’erano le solite cose, un bambino che dormiva in un angolo, la stufa accesa, la mensola con i wok del latte e il secchio del tarag e mi sono scaldata lì corpo e spirito per un momento. Sono ripartita da sola, dopo un momento i cavalli si sono spaventati per il sopraggiungere di un cavaliere al galoppo. Era il figlio più piccolo senza sella, senza niente, ha provato ad accompagnarmi per in pezzo ma noi andiamo troppo piano e si è stufato in fretta dileguandosi al galoppo verso sud.

Mi ha dato l’impressione di non poter credere che si possa fare così tanta strada andando così piano..

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