Due gher: una grande e una piccola, una trentina di persone che mi chiamano. Le guardavo da lontano anche io: vedevo la cupola della gher appoggiata alla parete esterna della gher piccola insieme a uno dei muri. Mi fermo, metto le pastoie ad Azimuth e gli lascio Tgegheré legato alla coda.
Una famiglia intera in visita alla mamma di tutti. Gente del lago che é andata a vivere in città mimetizzata nel dell e mischiata ai parenti che hanno continuato a vivere qui: pastori, un avvocato, un ricercatore dell’Istituto meteorologico e un turbine di bambini che corrono, lottano, si abbracciano.
Ho trovato il posto dove lasciare la bottiglia di coca cola che, a forza di botte, sta già per scoppiare.
Questa piccola gher é quella vera di questo tanae ed è di tre muri. La gher grande di cinque muri é stata montata per ospitare i parenti in visita.
Gli хан (pali) sono disposti come quelli di un tipí con un treppiede centrale a cui sono stati legati altri sei pali che insieme fanno da sostegno a quelli appoggiati e tra i quali fa capolino la canna fumaria. Un tipí appoggiato sui muri di una gher.
La stufa va a pieno regime e tutte le donne di famiglia sono impegnate a preparare e servire buuz a tutti.
Questione di un attimo, mi ritrovo tra le mani una scodella come tutti gli altri, lascio la bottiglia di coca cola e riparto. Devo andare avanti. Ogni gher somiglia a un pianeta in questo spazio vasto di cieli e gobbe foderate di erba. Mi é concesso di avvicinarli grazie ai cavalli con cui sto viaggiando. Sto andando avanti verso ovest. Dosare l’andare e lo stare é l’unico modo che ho per svelare un minimo del mistero di questa vita così antica e avanzare.
Mi volto indietro, ho già nostalgia anche di questo posto. I bambini continuano a correre, il fumo continua a uscire dal tubo della stufa della piccola gher.