Cavalli a due ruote spostano greggi, mandrie o branchi di cavalli, vanno e tornano con bidoni dell’acqua, motoseghe, pali di gher, bambini (fino a cinque, all’occorrenza); guadano fiumi, attraversano pietraie. Alcune di queste moto sembrano reduci di lunghi viaggi. Spesso ho visto i loro cavalieri con un fucile in spalla. Mi é capitato di incontrarne uno con una ventina di marmotte appena cacciate legate al portapacchi.
É il mezzo a motore più simile al cavallo, i mongoli lo usano come tale e quando salgono in sella rimangono cavalieri: stesso assetto, stesso modo di solcare pascoli e passi e nascondersi dove nessuno se lo aspetterebbe. Sarà il dell che indossano, sarà il monocolo che slegano dall’interno del dell ogni volta che vedono qualcosa che li incuriosisce.
Per i mongoli non esiste l’idea di spostarsi a piedi. I loro cavalli li portano ovunque e le loro motociclette funzionano nello stesso modo.
La sera che mi sono accampata vicino all’Ider Gol avevo trovato un bel posto con legna, erba e acqua. C’era un cerchio sul terreno che indicava che fino a qualche giorno prima in quel punto c’era stata una gher. Non lontano se ne vedeva un’ altra.
Appena finito di dissellare é arrivato in moto il padrone di casa della gher abitata e mi ha invitata a prendere un tè. La sua tenda era a un centinaio di metri e mi sono avviata a piedi, mi ha guardata come se fossi un alieno e mi ha fatto segno di salire in sella. Dopo il tè mi ha riaccompagnata al telo.
Mi hanno intercettata ovunque e spesso sono state le tracce delle motociclette sull’erba a guidarmi attraverso i pascoli fino agli accampamenti.
La conoscenza del territorio dei motociclisti cavalieri é stata tante volte provvidenziale. Incontrandoli al momento giusto mi hanno sempre indicato la buona strada.
Qualche volta sono stati un po’ invadenti, altre volte non mi aspettavo proprio che arrivassero. L’impressione che ho avuto sempre, anche nelle valli dove non ho visto neanche una gher è che, anche se non lo vedevo, da qualche parte ci fosse un motociclista che mi teneva sott’occhio con il suo monocolo.
In discesa viaggiano a motore spento per risparmiare benzina e te li ritrovi alle spalle come falchi sui cani della prateria. Le prime volte che é successo non mi sono accorta in tempo del loro arrivo e ci siamo spaventati tutti: i cavalli ed io. Ho imparato a distinguere quel sibilo di gomme e ferraglia da quello del vento e della tempesta e adesso mi accorgo di loro per tempo e riesco ad avvisare i cavalli prima che si spaventino. Tgegheré ha capito che non c’è bisogno di preoccuparsi. Azimuth non è ancora molto convinto.
I mongoli somigliano ai lupi: abitano luoghi selvaggi e magnifici, ne conoscono ogni piega e sanno trarne tutto ciò di cui hanno bisogno. Ogni specie di erba, ogni forma di nuvola sono per loro messaggi chiari di qualcosa che é successo o che sta per succedere. Nessuno può attraversarlo senza che se ne accorgano. Per accorgersi di loro bisogna essere molto attenti, anche quando sono in moto e non avrei mai pensato che una moto potesse essere felpata.