un anno a casa

Quando la neve vira in pioggia

è passato un anno da quando siamo arrivati a casa. I cavalli sembrano contenti dei pascoli di qui, non so se si ricordano più di quante gliene ho fatte passare.Dopo questo strano anno della pandemia certi ricordi sembrano surreali anche a me.

Enrico, il mio allenatore di cannottaggio diceva che se superi la metà del tragitto, vuol dire che puoi arrivare alla fine. In un viaggio come quello dell’anno scorso la metà non mi ispirava ancora grandi garanzie di farcela, ma quando è caduta questa nevicata e ho avuto la sensazione che fosse l’ultima, ho tirato un sospiro e mi sono sentita carica di entusiasmo come il primo giorno. Stavamo davvero arrivando a Vyoshenskaya.

l’ultima nevicata ci è arrivata addosso nel punto più meridionale del viaggio, a nord del Don, dove il fiume è sceso, sceso, sceso verso Rostov e comincia a risalire verso Stalingrado

ps: eravamo arrivati all’imbrunire perché Custode aveva perso un ferro e avevo perso tempo fermandomi a rimetterlo. i cosacchi avevano organizzato tutto per il nostro arrivo e per me avevano acceso la stufa in un’isba che affacciava sul recinto dei cavalli. c’era persino un mazzolino di fiori sul tavolo. Come al solito, non mi sono sentita di lasciare i cavalli nella bufera, mettendomi al caldo e credo che se ne fossero accorti.

il teotenda si rivela in queste occasioni: quando sotto la bufera, c’è illusso di guardarsi intorno e il saccopelo rimane asciutto tra i vortici di neve

Lascia un commento