Sono tornati i cavalli!
La gher con la stufa accesa è come una navicella spaziale, intorno scorrono intere galassie ma finché non apri la porta non puoi avere idea di cosa succede fuori. Questi cavalli senza ferri non fanno rumore sul velluto di bronzo che fodera queste colline.
Esco senza prendere neanche la maglia e uno dei due branchi di Baghy è lí in mezzo alle gher. Il pastore è in sella dietro di loro e li spinge verso la porta. Ne prende al laccio uno, gli mette la capezza e lo porta alla linea di attacco.
Gli altri iniziano ad uscire ma finché lui non gli si mette alle calcagna, vanno qui e là facendo finta di brucare dove non c’è niente da mangiare, al suo arrivo si compattano e il branco sembra muoversi all’unisono secondo un’unica volontà.
-tra i cavalli di Baghy, lui pensa che quello possa fare il viaggio che hai in mente.
Un piccolino color della steppa, criniera tagliata da qualche mese che si arrampica a spazzola lungo il collo, riga mulina, coda che tocca terra, zebrature sia sugli anteriori che sui posteriori, piedi che non hanno mai visto un ferro con profilo uniforme.
Alla mia richiesta di alzarli per vedere la suola, ha fatto una faccia stupita ma non ha fatto una piega né per gli anteriori né per I posteriori.
Sella, piede nella staffa e via, di là dal fiume fino al traliccio dell’alta tensione: alberi, animali al pascolo, cani che ci rincorrono, altri cavalli che ci vengono incontro, che ci attraversano la strada, che fanno la nostra stessa strada. Quando li vede nitrisce, come per salutare.
Orecchie diritte e sguardo in avanti.
Nessuna paura. Di niente.