Non sono riuscita a tradurre il nome dell’essenza del legno che mi è stata presentata come hornbow ed è solo l’anima di un’ingegneria complessa fatta di diversi materiali che mettono al servizio di precisione e potenza di tiro tutte le loro qualità.
Legno, corno, cartilagini sciolte a bagno maria per ricavare la colla, tendini, corteccia di betulla, resina.
Chi sa ancora trattare questi elementi è sempre più raro. Sa mischiare vegetale ed animale per permettere al terreno di solcare l’ultraterreno.
Un arco tradizionale mongolo richiede un anno di preparazione: ogni materiale viene steso, messo in tiro ed essicato in modo che esprima al meglio le sue qualità.
Un arco moderno richiede acquisto dei componenti e assemblaggio.
Hanno trovato archi compositi costruiti con questa stessa logica in sepolture dell’epoca di Attila. Gli unni, molto prima dei tartari percorsero in un onda di conquista tutte le steppe e arrivarono fino alle porte di Roma.
Quello che li rendeva micidiali erano la loro cavalleria e le loro armi.
Boma, la figlia di Batmunch e Batnyama ha studiato inglese e tedesco e cura un sito con cui mette in comunicazione l’arte dei suoi genitori e il resto del mondo, ci sono archi fatti da loro in 51 paesi di questo mondo. Per chi fosse interessato a saperne di più, questi sono i loro contatti:
www.mongolianarchery.com
info@mongolianarchery.com
FB: batmunkhtumuurkhuu
Meglio tenere conto che da adesso a luglio la richiesta di archi tradizionali lievita in preparazione al Naadam. Da agosto in poi c’è ancora qualche turista di passaggio, ma la stagione in cui Batmunch e Batnyama sono più disponibili è l’inverno.