Il Jack sembra un bar come un altro. Si trova davanti al benzinaio sulla strada che porta da Oulx al Gad. Mi ero fermata lì una volta senza sapere cosa fosse e me ne sono ricordata solo anni dopo quando ho conosciuto Cece.
Stavo scendendo in autostop da Valle Stretta perché come al solito avevo perso il treno e bisognava sistemare il fieno di corsa prima di una grossa perturbazione. L’unica auto che è passata sulla statale a quell’ora è stata quella di Cece che andava ad aprire il bar. Ha praticamente inchiodato e mi ha mischiata alle brioche appena sfornate che occupavano tutta l’auto. Non erano ancora le sei di mattina e davanti al bar c’ erano già tre persone. Ha tirato su la saracinesca senza lasciarmi andare via finché non avessi preso un caffè e senza trascurare nessuno come se ognuna di quelle persone fosse un imperatore. Io fremevo perché la strada era deserta e le nuvole pesanti, ma Cece è imperativa e senza che ordinasse niente non avrei potuto fare niente che lei non volesse. Neanche il primo malcapitato che su sua domanda ha detto di essere diretto a Torino non ha potuto fare niente e si è ritrovato con me impacchettata e timbrata sul sedile del passeggero.
Sono arrivata a Caprie alle 7 e Silvio anche. Abbiamo sistemato il fieno e appena ho finito di coprirlo è cominciato a piovere.
Sono risalita in treno e Cece non l’ho pi vista fino a fine estate.
Da allora il Jack è un punto di riferimento. Cerco di andare lì quando c’è lei e a distanza di anni, ogni volta è come se ci fossimo lasciate cinque minuti prima.