Giovanni Tagliaferri, ex tornitore di professione, ex alpino per attitudine, moglie e tre figli, nel 2005 é partito per la prima volta da Bergamo con la sua auto per andare a Tuva. Aveva letto di quel posto dove nei secoli erano stati confinati tutti i reietti dell’Impero, dove la natura dominava ogni umana ambizione e dove sopravvive tuttora una società arcaica: quella dei nomadi di Tuva.
É partito, tornato, ripartito e ritornato, ogni volta ha modificato l’itinerario per approfondire la sua scoperta dell’umanità che abita queste terre così remote e tornare a trovare persone incontrate nei viaggi precedenti.
Armi e bagagli e un piano assai improbabile in mente, avevo trovato un passaggio in autostop dalla frontiera di Tsaganuur su un furgone pieno di kazakh di quelli che fanno la spola a decine su questo colle.
Con la caduta dell’Unione Sovietica gli spostamenti tra Kazakhstan e Mongolia sono diventati delle epopee. Molte famiglie sono divise da una parte all’altra e per raggiungere i loro cari devono scegliere se attraversare Repubblica dell’Altai e Altaskji Kraj per entrare in Kazakhstan da nord o la Mongolia Interna alla Cina per entrare in Kazakhstan da sud. Entrambi i valichi sono a un migliaio di chilometri dall’uscita dalla Mongolia. Hanno passaporti speciali e non gli é richiesto il visto.
Come arrivare a K-yzil era una questione assai difficile da risolvere, ma Eenee mi aveva assicurato che là avrei trovato la persona giusta far passare la frontiera ai cavalli.
Ho visto l’auto di Giovanni a Kosh Agach, ero appena entrata in Russia con tutto l’equipaggiamento di due cavalli ma senza cavalli e mi ero alleggerita lasciandolo in una gastiniza in modo da poter andare a cercare una soluzione per proseguire la caccia al tesoro.
Poter parlare italiano con una persona che aveva il mio stesso senso per l’avventura é stato un sollievo.
Ha dormito nella sua tenda vicino alla gastiniza e il giorno dopo siamo partiti insieme per Tuva. Lui doveva andare a K-yzil e io anche.
Abbiamo conosciuto Sasha che si è messo a nostra disposizione per farci da guida con la sua moto sul primo pezzo di pista, quello più incerto. Un’avventura. Dopo un grosso fiume, l’acqua ha distrutto le candele della moto e da quel momento ogni partenza è stata una tribolazione finché la moto non è più ripartita e noi abbiamo proseguito da soli.
Ci siamo lasciati con un arrivederci.
Dopo una cinquantina di chilometri in cui assomiglia a un sentiero, la pista diventa una sterrata molto curata e non bisogna più preoccuparsi di nulla se non di godersi il paesaggio di ghiacciai, fiumi, paludi che scintillano al sole e gher russe abitate da gente di Tuva e circondate da animali al pascolo.
Una meraviglia.
La sera dopo eravamo a K-yzil dagli amici di Giovanni. Lui pianista, originario del Volga, lei direttrice dell’Istituto musicale di Tuva, tuvana. Si sono conosciuti a Mosca al conservatorio e adesso vivono qui.
Ero finalmente a K-yzil, l’amico di Eenee si è vaporizzato e non c’è stato verso di rintracciarlo. Come molte persone aveva parlato di poter muovere mari e monti finché io ero ancora in Arkhangai, e non aveva minimamente considerato che io un giorno sarei davvero arrivata alla frontiera.
Bene, mani in tasca dopo aver caricato i bagagli nel baule di un blablacar, decido di partire per Barnaul per tentare l’ultima carta: quella più improbabile: andare personalmente all’ufficio dell’Istituto Zooprofilattico.
Prima di partire ho salutato Giovanni, ci siamo presi un gelato super chimico per far finta di essere al mare e poi abbiamo continuato i nostri viaggi. Lui adesso é a Novosibirsk, dove ha incontrato suo figlio con cui rientrerà in Italia per fine settembre. Io sono sulle rive della чуя e finalmente sono di nuovo in sella.