Frontiera

Sono abituata a passare da una parte all’altra della frontiera tra l’Italia e i Paesi limitrofi cavalcando tranquillamente in cresta. Riconoscere un cippo di confine tra le pietre mi ha sempre fatto una certa impressione ma praticamente niente limitava la mia libertà di movimento.
Ho costeggiato il confine Mongolia Russia per quattro giorni e tutto quello che per me è sempre stato solo un’impressione si é materializzato.
Quattrocento chilometri di filo spinato tirato a tre altezze fino a un metro e mezzo dal lato della Mongolia.
Dai dieci ai cinquanta metri di terra di nessuno e un altro tiro di quattrocento chilometri di filo spinato a tre altezze fino a un metro e mezzo sul lato della Russia.
Guardie a cavallo battono quest’area con il fucile a tracolla e il binocolo legato al polso, certi li vedi, altri no. Le guardie sparse sul territorio sono tuvani e mongoli, sanno nascondersi e guardare.
I lavori non sono ancora finiti e i soldati vanno avanti ogni giorno seguendo le draghe che piantano i picchetti. Telecamere registrano con gli infrarossi i movimenti notturni.
Dicono che questo lavoro servirà per impedire alle popolazioni di erbivori selvatici di portare malattie e parassiti da una parte all’altra della frontiera. Questa barriera separa Tuva e la Repubblica di Altai dalla Mongolia.
Avevo il cuore pesante all’idea di lasciare la Mongolia, netta la barriera che mi impedirebbe di rientrarci per sbaglio.
Tra questi due paesi non ci sono tensioni e la frontiera si manifesta così duramente. Tra paesi in guerra, cosa ci deve essere allora?
Non ho fatto foto, neanche alle guardie a cavallo. Cavalli mongoli ben tenuti e in forma, selle mongole, bisacce di traverso alla sella, anfibi, uniforme da lavoro mimetica, zaino mimetico, cappellino con visiera mimetico, fucile. Ridevano come se stessero andando a fare una gita. I cavalli progredivano affiancati spalla a spalla, ginocchio a ginocchio i cavalieri.
Passo veloce, il sole faceva strizzare gli occhi a loro e a me. Giovani, ottimi cavalieri con l’allenamento della naja nei muscoli, credo che vivano la frontiera come un gioco. Mi si é stretto lo stomaco. Erano già lontani.
Mille e mille come loro eseguono ordini per gioco in ogni parte del mondo. Ordini facili e ordini difficili. A quell’età sei invulnerabile. L’ordine arriva dall’alto e sei anche innocente. Innocente davvero, questa è la tragedia di chi vive e chi muore su confini ben più rumorosi di quello tra Russia e Mongolia: la tragedia di morire da innocenti. Non credo che sia l’ordine la tragedia. Di ordine c’è bisogno ovunque e non c’è n’è.

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