Quando cade un filo d’erba, si sdraia sotto gli altri e diventa loro nutrimento. Vivi e morti coprono il suolo intrecciati, sostendosi e facendosi ombra a vicenda.
Quando cade un albero nella taiga succede la stessa cosa. Tronchi di ogni età ed in ogni grado di decomposizione, si intrecciano sostenendo il verde di nuovi alberi. Uno shangai gigantesco. Quei fili di erba sono caduti senza fare rumore.
Camminando in un prato si sente il fruscio dell’erba e, sotto sotto, lo scricchiolio di quella caduta. É quasi impercettibile ma c’è ed è fondamentale.
Nella foresta gli alberi caduti con schianto di tempeste e slavine sono attorcigliati nello stesso modo e attraversare un territorio cosí intricato ricorda di essere solo piccoli animaletti che solcano la crosta terrestre. Sotto il dedalo dei tronchi coperti di muschio scorre acqua che si apre la via attraverso rocce e dislivelli, in tutto quel rigogliare di verdi, sembra l’unico essere vivente.
In Altai, il verde tiepido delle praterie solcate dai falchi in cerca di preda é mischiato a quello della taiga abitato da cornacchie e moltitudini di moscerini. Ho fatto scorta di questo verde rigoglioso e umido e dei suoi schianti e fruscii. Spero di poterne fare a meno da ora in avanti e di tornare a seguire il volo dei falchi, vedono più lontano e nelle loro remiganti splende un sole che nella taiga non arriverà mai.