Passando di qui era inevitabile incontrare questo argomento. Nelle Dolomiti di Brenta l’orso non è mai mancato e percorrere quei sentieri con una persona che si occupa di grandi carnivori è stato tutto una scoperta. Elena Guella viene dal lago di Garda e ha sempre avuto le dolomiti di Brenta nel cuore, ha studiato scienze forestali e al momento di scegliere la tesi non se n’è dimenticata: qualunque fosse l’argomento, doveva andare lì. In quel periodo erano stati reintrodotti dieci orsi provenienti dalla Slovenia per rimettere in sesto la popolazione del parco ormai ridotta a tre individui maschi molto vecchi.
Stavamo salendo a malga Flavona, il sentiero che percorrevamo sarebbe stato impossibile da trovare se non fossi stata al suo seguito.
– vedi quell’albero? Gli orsi sloveni erano stati liberati da qualche tempo, ci era stato riferito che qualcuno aveva visto un orso con un piccolo. Danila aveva ancora il radiocollare e la stavamo seguendo con la telemetria per capire chi fosse il piccolo orso. Lei si spostava in continuazione e ci abbiamo impiegato parecchio tempo. Si capiva che stava arrivando qui, ci siamo messi con l’antenna proprio dietro a quell’albero e lei è arrivata. Era enorme e la sua pelliccia tutta vaporosa la faceva sembrare ancora più imponente. Dietro di lui c’era il piccolo orso. Non era un cucciolo! Era l’ultimo orso del Brenta, l’unico che ha incontrato i nuovi arrivati. La seguiva innamorato come se la comparsa di quest’orsa slava gli avesse ricordato all’improvviso emozioni sconosciute. Lei si faceva seguire ma era molto più attenta.
– Click.
– Il guardiaparco che era con me ha acceso la macchina fotografica.
– Lei ha sentito quel nulla di rumore nonostante tutto quello che stavano facendo lei e il vecchio orso e si è immobilizzata. Ha girato la testa verso di noi e ha guardato dritto dalla nostra parte.
– Quei piccoli occhi neri ti guardano fino in fondo allo stomaco.
– In quel momento mi è venuto un brivido nella schiena come se mi si drizzassero tutti i peli. È vero che in quel momento lei aveva tutt’altro per la testa, ma incrociare lo sguardo di un animale che ti può distruggere in un momento lascia un segno che ha addosso il peso di tutta la paura dei nostri antenati. Un peso di secoli.
– Si è voltata e se n’è andata di là con il vecchio orso alle calcagna.
Ho guardato quell’albero, ho guardato dove se n’erano andati quei due quel pomeriggio e mi sono immaginata la scena di quel povero vecchio orso talmente rattrappito da sembrare un piccolo e di quella giovane orsa in piena forma e splendore.
Lui è poi finito come finiscono tutti, lei era diventata un’abitudinaria frequentatrice dei villaggi intorno a Madonna di Campiglio. Per evitare disastri si era deciso di addormentarla e rinchiuderla. La dose di anestetico era stata letale e anche lei è finita.
È stato un errore, stabilire la dose di anestetico necessaria ad addormentare una persona di cui si conosce perfettamente il peso, l’età e le condizioni di salute e già difficile, erano i primi casi in cui si aveva a che fare con gli orsi dalle nostre parti. Lei è morta, non è più successo di commettere errori così. Siamo poi così sicuri che sarebbe stata così felice a finire la sua esistenza in gabbia con tutti quelli che l’avrebbero davvero voluta morta che sarebbero andati in processione a festeggiare la sua prigionia?