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Precisi e pragmatici gli svizzeri

2016 07 06 Arturo Plozza
Responsabile ufficio caccia e pesca di Poschiavo. Guardiano della selvaggina.

La Val Poschiavo è stata liberata dai lupi già nell’Ottocento. Un caso isolato di presenza nei Grigioni è stata una lupa di origine italiana abbattuta nel 1954 da un cacciatore che non immaginava neanche lontanamente che il cane che si era trovato sotto il suo mirino fosse un lupo. Da troppi anni non se ne parlava neanche più!
Da qualche anno singoli individui giungono continuamente in dispersione da oltre confine. L’unico branco stabile è il Calanda che ha territorio intorno a Coira, qui nei Grigioni. Nel Vallese la presenza di lupi isolati è consolidata ma nessuno ha formato branchi stabili.
Il primo di cui si è avuta la certezza è stato abbattuto per errore durante una caccia notturna da un cacciatore che ha denunciato il fatto.
Successivamente è stato trovato sotto un ponte il cadavere di un altro lupo con evidenti ferite da arma.
Nel giro di un anno, lo scorso, solo nei Grigioni tre sono stati vittima di incidenti stradali, tutti giovani. È un animale schivo è difficile da vedere, nessuna delle nostre fototrappole ha funzionato, quando per qualche motivo (incidenti o predazioni), la sua presenza si mette in mostra, l’impatto è comunque forte.
L’anno scorso è arrivato un lupo che nel giro dell’estate ha predato sessanta capi di bestiame insistendo in particolare su tre allevatori e viaggiando a suo piacimento sul confine tra Italia e Svizzera. Sono animali, non gliene importa niente dei confini! Per noi è più complicato, le vie ufficiali di collaborazione oltre confine sono lente e burocratiche e in quegli spazi di tempo un lupo dimostra tutta la sua elusività.
Dalle prove del DNA risulta che l’anno prima quello stesso animale girasse nel Canton Ticino. Fanno molta strada, si fermano dove gli pare e si specializzano a predare quello che gli fa più comodo lì dove si trovano. Non se n’è più sentito parlare.
In questo momento sembra che non c’è ne siano ma possono arrivare e così come arriveranno se ne andranno. Il tema è solo all’inizio.

STRATEGIA LUPO SVIZZERA Singoli individui giungono continuamente nel nostro Paese; nel 2012 si è formato il primo branco. La Svizzera non pratica politica attiva di promozione del lupo. Con la Strategia Lupo Svizzera, l'UFAM vuole contenere al minimo i problemi che possono scaturire dalla loro presenza. -UFAM Ufficio Federale AMbiente-
STRATEGIA LUPO SVIZZERA
Singoli individui giungono continuamente nel nostro Paese; nel 2012 si è formato il primo branco. La Svizzera non pratica politica attiva di promozione del lupo. Con la Strategia Lupo Svizzera, l’UFAM vuole contenere al minimo i problemi che possono scaturire dalla loro presenza.
-UFAM Ufficio Federale AMbiente-

In Svizzera il lupo è un animale protetto, non si esclude comunque l’ipotesi di abbattimento di singoli elementi che si dimostrano nocivi e creano conflitti. La loro eliminazione va a favore di tutti gli altri. Se si impegna personale specializzato in azioni mirate, si evitano molte discussioni e occasioni di bracconaggio.
È successo con l’orso, è sensato pensarlo per il lupo. L’anno scorso il branco Calanda è diventato troppo numeroso e si era stabilito di eliminare due soggetti di un anno. L’inverno mite ha permesso all’intero branco di continuare a nutrirsi di selvaggina senza scendere vicino ai paesi e non si sono manifestati da nessuna parte, non è quindi stato possibile realizzare questo proposito ma non ci sono neanche stati danni. Adesso il caso è da valutare in base a quanti sono sopravvissuti, quanti si sono dispersi e quanti ne nasceranno con la prossima cucciolata.
L’essenziale è dare disposizioni precise e pragmatiche su quali sono i soggetti da abbattere, chi lo deve fare e quando.

Esperimento di volontariato in alpeggio. La scommessa delle Orobie

2016 07 04 Progetto Pasturs

‘Ho trovato il volantino del progetto Pasturs dai Coltivatori diretti e ho contattato l’associazione, poi c’è stato il corso di formazione e l’altra settimana è arrivato il primo volontario, era uno che si adattava e ci siamo trovati bene sia noi che lui’

Elisabetta, volontaria del progetto Pasturs e Andrea Morelli, allevatore in alpeggio nelle Orobie bergamasche. Foto di Roberta Cucchi
Elisabetta, volontaria del progetto Pasturs e Andrea Morelli, allevatore in alpeggio nelle Orobie bergamasche.
Foto di Roberta Cucchi

Andrea Morelli. Allevatore.
500 pecore, una ventina di vacche in lattazione, un’ottantina di manze insieme a una ventina di cavalli.
6 o 7 quintali di latte al giorno consegnato a valle ai caseifici.
D’estate lavorano qui in tre: lui che coordina e segue e si sposta dove servono più mani, il pastore che guarda le pecore e una ragazza che sale per mungere ma poi se ne va.
Al di là del discorso dei carnivori, una persona in più fa sempre comodo e il ragazzo che è stato qui la settimana scorsa era proprio in gamba. Oggi è arrivata un’altra ragazza, all’inizio bisogna stargli un po’ dietro, poi alleggeriscono molto.
Qui è passato un lupo una decina di anni fa, una notte ho perso una ventina di pecore, c’era brutto tempo e ho preferito non rinchiuderle nel recinto perché andassero a ripararsi. Il mattino dopo era una strage, alcune predate, altre diroccate e quelle che erano ferite più gravemente ho dovuto sopprimerle. Tutte erano terrorizzate.
Quel lupo ha passato l’estate da solo e se l’è cavata perché durante l’inverno è poi sceso a valle. Il bestiame ha preso la via dei paesi e lui lo ha seguito. Non ha avuto fortuna, nessuno ne ha più saputo niente.
La casa in cui stiamo in alpeggio è di privati che la affittano, quando siamo saliti la prima estate entrava acqua dal tetto e dovevi tenere l’ombrello anche in casa, loro non avevano intenzione di fare lavori, ce li siamo fatti noi e adesso dentro non piove più. È un bel posto.
D’inverno le mucche e le manze stanno in stalla e ci sono due persone che le seguono. Io scendo nel comasco con le pecore seguendole con la roulotte.

Il progetto intende mitigare il rischio per i pastori delle Orobie bergamasche dovuto all’arrivo dei grandi predatori attraverso la formazione di volontari in grado di fornire loro conoscenze e aiuto concreto sul campo in tutti gli aspetti della vita lavorativa.
La mitigazione di questo rischio aumenta il livello di convivenza tra pastori e grandi predatori, riducendo il rischio di estinzione per gli ultimi.
I volontari apportano al mondo dell’allevamento competenze specifiche e buone pratiche in tema di conservazione degli ecosistemi, i pastori mettono in campo il loro contributo di esperienza e conoscenza del territorio.
Lo scambio proficuo di esperienze e l’individuazione di proposte di marketing territoriale legate al tema porta a una diminuzione del conflitto tra pastori e grandi predatori, che si traduce nella riduzione dei danni,  nella tutela della razza autoctona “pecora bergamasca” e nel miglioramento del rapporto di fiducia tra mondo ambientalista e dell’allevamento.’ da www.pasturs.org

Roberta Cucchi è una delle quattro persone che lavorano nel parco delle Orobie bergamasche. Lei si occupa sia della fauna selvatica che delle pratiche agricole di quella fetta di montagne selvagge stretta tra Brescia, Sondrio, Milano e Lecco. È un parco senza guardiaparco, è il corpo forestale a svolgere questa funzione.
Il progetto Pasturs. Progetto sperimentale su base volontaria dalla progettazione alla messa in pratica dell’idea. Sono pochi gli allevatori coinvolti e i loro alpeggi si trovano tutti entro i confini del parco. Pasturs riprende il progetti francese Pastoraloup, il parco delle Orobie bergamasche che si è occupato di individuare i pastori e del supporto logistico e il WWF Bergamo che ha messo a disposizione la sua casa di Valpredina per il corso di formazione dei volontari che ha reclutato e la collaborazione da parte di Coldiretti Bergamo e Regione Lombardia.
Il corso di formazione è requisito fondamentale per i volontari che si alterneranno nei cinque alpeggi nel corso dell’estate. Gli allevatori a loro volta si sono incontrati con figure scelte dal progetto per la loro formazione, necessaria per rendere più agevoli possibile i rapporti tra il loro mondo è quello della pianura da cui provengono i volontari.
Riguarda proprio gli ambiti del lavoro di Roberta ed è lei l’addetta a dare l’appoggio ai volontari e a tenere i rapporti con i pastori.
Quando l’ho sentita, stava andando a recuperare una volontaria per accompagnarla all’alpeggio Manina, dove avrebbe trascorso la settimana seguente: Chiara Bertoletti.

Stavo andando a sparecchiare la tavola! Andrea deve scendere a valle, sarà questione di un’oretta e quando tornerà, andremo insieme a visitare l’alpeggio alto dove c’è l’altro pastore incaricato di sorvegliare le pecore e rinchiuderle nel recinto per la notte

Chiara Bertoletti di 38 anni viene da Villa di Serio, Bergamo. Dopo aver studiato come perito agrario dove ha coltivato l’interesse per l’allevamento della terra e degli animali si è trovata a vivere di tutt’altro mestiere senza mai dimenticare la sua naturale inclinazione. Era già pratica della zona che ha sempre frequentato con gli ski o a piedi ma non conosceva le persone che la abitano da sempre.
Le sue mansioni riguarderanno, come per gli altri volontari, la manutenzione delle recinzioni, la mungitura e il governo del pascolo. In questo alpeggio ci sono quattro cani da pastore ma nessun cane da guardiania, anche se è il primo giorno qui, si sono capiti dal primo momento, rispondono e ascoltano. Il lupo si è fatto vivo tanti anni fa ma adesso sembra che non ci sia, comunque lui è furbo e non si fa mica vedere!

I pascoli alti dell' alpeggio Manina dove per tutta l'estate pascolano le pecore di Andrea Morelli.
I pascoli alti dell’ alpeggio Manina dove per tutta l’estate pascolano le pecore di Andrea Morelli.

Il parco della Lessinia e il ritorno del lupo

2016 06 24 intervista a Diego Lonardoni
Direttore del Parco Regionale della Lessinia

La Lessinia assomiglia a una mano, a nord c’è l’altopiano appoggiato su impervi contrafforti solcati da valloni impervi e ripidissimi, da lassù si dipartono cinque creste con le rispettive valli che scendono verso Verona. Le creste sono tondeggianti ed erbose, puntellate da mandrie e pozze dove il bestiame va all’abbeverata. I valloni sono percorsi da piste e sentieri che si inoltrano nel bosco fino ai rii di fondovalle. In alto la visibilità è perfetta, nel bosco il fitto degli alberi nasconde tutto quello che non vuole farsi vedere.

Lì sotto ti senti osservato, lassù lo sguardo spazia.

Diego Lonardoni, direttore del parco della Lessinia, Emiliano, 'portatore sano' di Lessinia.
Diego Lonardoni, direttore del parco della Lessinia, Emiliano, ‘portatore sano’ di Lessinia.

-Poco fa ero qui seduto con mia moglie ed è passata una lepre nel prato, di lepri non ce ne sono quasi più. Sai chi c’era dietro di lei? Una volpe. Qui è parco e non si fa altro che proteggere queste bestie qui: lupi e volpi. Una volta c’era la taglia e adesso c’è la multa e per il lupo anche il penale.
– Lo sai quanti lupi ci sono in Lessinia? Sono da tutte le parti, li hanno reintrodotti e volevano tenercelo nascosto. Sai cosa fa il lupo? Mangia. E quando trova cibo più comodo lo preferisce. Volevano tenerceli nascosti ma si sono fatti vedere loro.
– Per un inverno ho avvisato il parco che c’era un lupo, lo vedevo all’imbrunire. Nessuno mi ascoltava.
Non mi ascoltavano perché non volevano che girasse la voce. Loro lo sapevano benissimo, li hanno portati loro. Se non è così e non lo sapevano è perché non possono sapere tutto.

Voci di passaggio.

In questo posto così vicino a Verona c’è il Parco della Lessinia, un piccolo parco con ridotto personale e tanti aspetti da gestire per tenere al riparo un territorio molto frastagliato. Proprio qui sono arrivati questi due lupi provenienti da popolazioni isolate reciprocamente da più di un secolo e lo hanno scelto come loro territorio.
Il Parco è lo stesso ma c’è una cosa in più che dà valore aggiunto ma anche tanto lavoro in più e noi siamo sempre gli stessi. Il monitoraggio e la gestione del lupo sono un impegno che non avremmo mai potuto sostenere da soli e molte attività vengono svolte in sinergia con il Corpo Forestale dello Stato e gli Agenti della Polizia provinciale. Lo scollamento tra le Istituzioni preposte alla gestione della presenza del lupo in Lessinia e la popolazione locale è aumentato.Le predazioni hanno toccato e coinvolto molte persone. Quando, oltre alle predazioni arrecate al bestiame al pascolo, viene predato anche l’asino della fattoria, la capretta che era così domestica e a cui tutti i bambini volevano bene o il cane domestico di famiglia, gli eventi non coinvolgono emotivamente i soli diretti interessati. Le persone si sono riunite e si sono organizzate per trovare la soluzione. La proposta dei Comuni dell’Alta Lessinia è stata di traslocare i lupi altrove. Qualcuno ha anche proposto di rinchiuderli in un recinto dove chi vuole può andare a vederli ma non possono nuocere. L’unico Comune il cui territorio è interessato dalla presenza attiva del lupo che si è espresso in suo favore, è stato quello di Ala (TN), dove peraltro si sono verificati deplorevoli episodi di spargimento nell’ambiente di bocconi avvelenati.
Siamo tutti tenuti a far rispettare le normative vigenti in materia e a proporre soluzioni che rientrino nel rispetto dei principi di legalità, cercando di gestire i rapporti con le persone che vivono e lavorano nel nostro territorio, facendo fronte oltre al normale carico di lavoro anche a queste nuove presenze molto impegnative.
Gli allevatori ottengono un risarcimento per gli animali che perdono che costituisce una cifra consistente in termini di spesa complessiva e di importante impegno finanziario a carico interamente della Regione Veneto.
Quali sono le attitudini del territorio a difendersi? E’ necessario sperimentare i presidi di difesa ed i metodi di prevenzione suggeriti dagli esperti in materia (ricovero notturno del bestiame, recinzioni elettrificate, adozione cani da guardiania) consapevoli che nessuna misura preventiva è in grado di annullare completamente l’attività predatoria del lupo e che è necessario, soprattutto nel territorio della Lessinia, un adattamento continuo delle misure nel tempo e nello spazio, in modo da poterne valutare l’effetto e l’efficacia e rendere tutti i dati oggettivi.
Nel frattempo le mandrie hanno ricominciato a popolare gli Alti pascoli, gli operatori continuano a registrare le predazioni occorse preparandosi all’arrivo entro breve, della nuova cucciolata.

I pensieri dei lupi raccontati dalle loro tracce

2016 06 24 Intervista a Tommaso Borghetti – Assistente forestale della Stazione Forestale di Ala – Corpo Forestale Trentino

Tommaso Borghetti e Luca Signori
Tommaso Borghetti e Luca Signori. Eravamo lì nascosti all’ombra a parlare di tutte queste cose mentre Isotta brucava in mezzo alle mucche. La macchina di Tommaso è riconoscibile a mille miglia e Luca è un attento. L’ha vista e ci ha trovati ed è stata una gran fortuna perchè ho potuto stringere la mano alla persona che era con Fulvio Valbona quando Slavc e Giulietta si sono fatti vedere la prima volta.

Si stava iniziando a parlare di un probabile ritorno del lupo in Lessinia. Se ne parlava a livello del tutto teorico. C’era stato un convegno in cui si erano fatte supposizioni sulle possibili aree di insediamento di nuovi branchi e la Lessinia era risultata una delle più vocate. A quell’epoca non c’erano ancora.
Il mio incarico oltre al monitoraggio di tracce e predazioni era quello del fototrappolaggio che diede esito positivo per la prima volta il quattro dicembre 2012 e furono immortalati Slavc e Giulietta presso Malga Revoltel.
Il successivo lavoro di posizionamento di fototrappole e inseguimento di tracce nella neve è stato fatto in collaborazione con i colleghi veneti. È diventato un motivo di ricerca che andava oltre al lavoro, sia per me che per loro.
Per me l’attività più stimolante era l’inseguimento delle tracce. Il lupo è un animale che cammina a testa alta, non è come la volpe che ha sempre il naso per terra o gli erbivori che vanno avanti brucando. Lui fila dritto come se fosse tirato da un filo e a seconda della pista che sta tracciando dice cose diverse.
Le tracce stupiscono sempre. Una volta stavo inseguendone una che filava a una certa quota dalle parti di Castelberto senza apparente motivo. Andava dritta verso le rocce strapiombanti sulla valle. Tra le rocce c’era un unico passaggio che permetteva di passare oltre in sicurezza. Ecco il motivo!
Anche spostamenti molto lunghi sembrano andare dritti a una certa meta senza incertezze. Mi sono trovato a seguire una traccia su neve che partiva dalla zona più settentrionale dell’altopiano e lo attraversava senza incertezze fino a un recinto che si trova molto a sud. Sono arrivati fino lì, hanno fatto un giro intorno al recinto e sono tornati indietro. Nel giugno precedente in quel recinto avevano mangiato un asino. Si ricordavano del banchetto e sono tornati a vedere se riuscivano a fare il bis.

 Archivio Servizio Foreste e Fauna PAT - MUSE - Life WolfAlps).  Da lontano le tracce dei lupi sulla neve somigliano a quelle degli escursionisti. Loro camminano a testa alta, guardando dritto davanti a sè, come gli uomini. Forse è per questo che mettono in discussione.
Archivio Servizio Foreste e Fauna PAT – MUSE – Life WolfAlps).
Da lontano le tracce dei lupi sulla neve somigliano a quelle degli escursionisti. Loro camminano a testa alta, guardando dritto davanti a sè, come gli uomini. Forse è per questo che mettono in discussione.

Standogli dietro si arriva a trovare i posti dove si incontrano più frequentemente, quelli dove amano fermarsi e a un certo punto i rendez vous, quelli dove si sentono più tranquilli, dove i cuccioli imparano a sopravvivere e gli adulti tornano a riposare. Quando li scopri, quelli hanno qualcosa in più. Sono la casa del lupo.
In quei posti cerchiamo di avvicinarci il meno possibile per non disturbare.
Le tracce di più lupi che viaggiano insieme sembrano una unica per lunghi tratti. Si aprono ad asola nei punti dove si sentono tranquilli a viaggiare affiancati e si richiudono sempre ad asola, dove c’è una strettoia o un pericolo. Da lontano somigliano a quelle degli escursionisti.
Le tracce di uomini e lupi si assomigliano ed entrambe raccontano delle storie.
E la dispersione? Quando un cucciolo di un anno e mezzo, maschio o femmina che sia, parte da solo e fa centinaia di chilometri per trovare il posto dove formare il nuovo branco?
Gli orsi sono molto più stanziali, le femmine restano dove nascono, i maschi partono e vanno a cacciare chissà dove ma poi tornano per l’accoppiamento e la zona in cui prolificano rimane sempre la stessa.
Il lupo no, quando è ora lui parte e va da un’altra parte. Non torna. Alcuni non sopravvivono al viaggio, certi vanno a formare un nuovo branco. Altri, non incontrando la femmina o il maschio con cui formarlo ma essendo abbastanza forti da non soccombere, si insediano in un nuovo territorio dove restano a condurre vita solitaria bastando a sé stessi. Il lupo della Val di Non è arrivato lì, il territorio gli si addiceva, non sono arrivate femmine con cui colonizzarlo, ci è rimasto lui e si è occupato di sopravvivere.
I lupi del branco della Lessinia erano tredici prima dell’inverno e adesso sono sei. Gli altri sono partiti. Quello che è stato investito in Valsugana ha concluso il suo viaggio, degli altri non si sa niente di più oltre al fatto che sono stati avvistati molto più a nord.
Seguono nuove piste.

 Archivio Servizio Foreste e Fauna PAT - MUSE - Life WolfAlps).
Archivio Servizio Foreste e Fauna PAT – MUSE – Life WolfAlps).

Un abitante speciale di questo territorio

Intervista a Paolo Parricelli. Unico guardaparco della Lessinia

Paolo ParricelliPer mestiere sta sul territorio del parco a seguire cosa accade. Non c’è solo il lupo, ma lui è un animale particolare e certi incontri lasciano il segno.

Per riprenderlo nelle zone di rendez-vous ci appostiamo con i cannocchiali a trecento quattrocento metri di distanza in modo da non disturbare e vedere come si comportano a casa loro. Da tre anni questi luoghi in cui si sentono tranquilli sono gli stessi, credo che sia perché siamo stati discreti, altrimenti sarebbero andati a cercarne degli altri.
Per seguire i lupi occorre frequentare posti che gli interessano e andargli incontro in orari in cui si muovono più volentieri. Bisogna immaginare i loro ragionamenti e diventa un lavoro di fantasia.
Durante un appostamento il 22 agosto nel silenzio li abbiamo sentiti ululare per la prima volta. Non li avevamo ancora visti. Un momento come quello non assomiglia a nessun altro, rimane impresso nella memoria.
A fine luglio dell’anno seguente è uscita la prima cucciolata. Era una cucciolata ma per noi che eravamo stati dietro a quei due lupi che venivano così lontano e che avevano scelto di fermarsi proprio qui era speciale. Quei due cuccioli chiudevano un cerchio. Da quel momento si poteva dire che i lupi sono tornati sulle Alpi. La popolazione slava è quella italica tornavano a mischiarsi. Proprio qui.
Un altro momento che ha lasciato il segno è stato il ritrovamento del collare di Slavc, siamo partiti a cercarlo con i forestali Fulvio Valbusa e Luca Signori. Gli sloveni ci avevano chiesto di spedirglielo per scaricarsi i dati che aveva registrato. Oltre alla traccia, aveva in memoria dati meteo che potevano essere studiate. Siamo partiti inseguendo il segnale. L’ho preso in mano e ho sentito quanto pesava quella batteria. Quando se lo è trovato addosso dev’essere stato una gran noia e togliersi quel peso dev’essere stato un bel sollievo. Era pesante!
Fare i transetti e seguire le tracce lascia sempre qualche sorpresa. A volte segui una traccia che sembra una sola e dopo un po’ comincia a dividersi. Sono due, no tre, no, quattro. Possono essere anche cinque sulla stessa traccia. Un piede dietro l’altro in gran segreto come una fila di indiani e a testa alta.
Queste sono storie. Ogni volta che esci a seguirli è diverso e scopri un pezzetto in più. Loro sono lupi e abitano questo territorio e in qualche modo anche io che cerco di conoscerlo come lo conoscono loro.

Se il lupo è tornato è perché prima c’era

2016 06 28 Daniele Zovi
è stato Comandante procinciale di Vicenza e attualmente regge il Comando regionale per il Veneto e il Friuli Venezia Giulia. Ha scritto diversi libri riguardanti la vita degli animali, uno di questi è ‘Lupi e uomini. Il grande predatore è tornato’.

Uomini e lupi. Il grande predatore è tornato
Uomini e lupi. Il grande predatore è tornato

Prima del lupo in Veneto è tornato l’orso, ma il discorso per molti versi si assomiglia. I grandi carnivori hanno una forza evocativa diversa. In questi anni in cui le foreste sul territorio nazionale sono raddoppiate, altri animali sono tornati ad abitare ambienti da cui erano scomparsi. Quando è tornata la lontra non è cambiato nulla nei discorsi tra gli uomini, quando l’orso Dino si è mangiato quattordici asini nel giro di un anno nel vicentino, la stampa ha cominciato un tam tam allarmistico che rendeva tutto molto più sconvolgente di quello che era in realtà. Ci sono gruppi di persone totalmente a favore e totalmente contro e le chiacchiere degli uni e degli altri alimentate da aneddoti hanno generato e generano molta confusione.
Mi sono deciso a mettere insieme notizie che mettessero in chiaro la natura del l’orso affinché si ridimensionasse questa figura mostruosa che stava venendo fuori.
Non bastava scrivere il libro, bisognava presentarlo e raccontare a voce come stavano le cose e da quel momento mi sono trovato a fare il conferenziere in tutta Italia riguardo a questi argomenti.
Il lupo non c’era ancora ma era nell’aria e non ha tardato ad arrivare. Mi sono sentito di dover scrivere questo libro con ragioni simili a quello sull’orso. È stato un viaggio conoscitivo che mi ha portato in Abruzzo, in Emilia e in Piemonte per aggiungere all’esperienza locale informazioni che potevo mettere insieme solo incontrando persone che di lupi si erano sempre occupate. Messo insieme il materiale volevo scrivere un testo che fosse accessibile a tutti, comprensibile.
Il lupo: chi è? È un carnivoro e in un mondo senza carnivori, gli erbivori prolificano a dismisura. Nel Cansiglio la ricrescita di faggio è completamente inibita dal numero esagerato di cervi, a Paneveggio è l’abete rosso ad accusare il colpo. Il lupo è un fattore regolatore.
Il ritorno prepotente dei cinghiali ha rovinato grosse aree dove i prati vengono sistematicamente rivoltati e le prese d’acqua delle sorgenti di acqua potabile ribaltate, il lupo non preda i cinghiali, ma preda i piccoli.
Quanto è davvero pericoloso per l’uomo? Il vero pericolo arriva dai cani re inselvatichiti che tornano alla vita selvaggia riunendosi in branchi senza la minima paura delle persone che conoscono da migliaia di anni.
L’uomo: chi è? Finchè abitava ogni fazzoletto di terra si è messo d’impegno per eliminare i lupi e ci è riuscito, ma poi se n’è andato in città. Nè prima nè adesso è il centro del mondo. C’è il lupo, c’è l’albero, c’è il cervo, c’è l’aria è c’è anche l’uomo.
È tornato perchè prima c’era. Non c’era più perchè era stato sterminato. I toponimi di paesi di tutta Italia, anche in piena pianura come Lovolo nel mezzo della Pianura Padana, raccontano che i lupi se ne andavano in giro proprio ovunque. È tornato per un meccanismo naturale, se la superficie delle foreste è raddoppiata, il numero di ungulati è anche quintuplicato. Il ritorno dei carnivori è necessario per l’equilibrio.
Come Slavc è arrivato con il suo radiocollare che ci racconta tutta la strada che ha fatto, sono arrivati anche altri lupi di cui si è avuta notizia è altri di cui non si è mai saputo nulla. Giulietta è una di questi. Lei ha avuto fortuna.
All’uomo piace la paura, sentire storie. È la semplice verità?
I lupi hanno sempre predato le pecore, non se n’è mai parlato più di tanto. Tacito e Plinio lo nominano, per loro è una di quelle cose che succedono in natura come il fulmine. I nostri allevatori hanno perso l’abitudine. Gli si propone di utilizzare dissuasori sonori, bandierine che si muovono, recinti, cani da guardiania. Nessun sistema incontra il loro favore.
Sono stato in Emilia per incontrare degli allevatori dell’Appennino in provincia di Forlì. È una zona dove le tecniche di allevamento erano molto simili a quelle adottate in Lessinia, i vitelli nascevano in alpeggio dove passavano un’estate semibrada e quando è tornato il lupo ha fatto grossi danni. Far nascere i vitelli in stalla vuol dire cambiare tecnica. È una cosa in più da pensare, ma lì è stata la soluzione definitiva: i danni da lupo sono stati completamente azzerati.
I risarcimenti finora sono stati totali ma non si può continuare così, bisogna mettere a punto delle misure per mitigare i danni.
Il mondo non è nè del lupo, nè della pecora, nè dell’uomo, bisogna che tutti ci trovino quello di cui hanno bisogno e coesistano con gli altri.

Le mucche da carne della Lessinia

Paolo Truzzolo. Allevatore. Dipendente Azienda agricola Da Matti. Animali da carne di origine francese: chevrolet, limousine e luvra. In alpeggio da maggio a ottobre, conforme il tempo metereologico.
Paolo Truzzolo. Allevatore. Dipendente Azienda agricola Da Matti. Animali da carne di origine francese: chevrolet, limousine e luvra. In alpeggio da maggio a ottobre, conforme il tempo metereologico.

2016 06 23 intervista a Paolo Truzzolo

Sono stati i forestali a portarli. Loro comunque vada ci guadagnano.
Predazioni ce ne sono, ce ne sono state e continuerà così. Anche i risarcimenti ci sono, ma un vitello di due giorni non vale la carne di un vitello di due giorni, vale tutto il tempo della gestazione e la delicatezza del parto. Domenica scorsa è stato sbranato un vitello di venti giorni, sono proprio loro quelli che vengono presi più facilmente. La mucca che deve partorire si isola, cerca un posto tranquillo e vuole stare da sola. Lo allatta e poi si allontana brucando per tornare dal vitello quando è di nuovo ora di allattarlo. Il vitello rimane da solo e non è così forte e combattivo. Giusto un attimo fa sono andato a vedere quelle del lago Boar, una di loro aveva partorito da quattro o cinque ore, non di più e mi sono avvicinato per mettere l’orecchino al nuovo nato. Mentre mi avvicinavo ho visto le orecchie e poi il muso di un lupo dietro un sasso. È scappato sparendo come uno spirito, ma giusto un attimo prima era lì. Qui si è sempre fatto in modo da concentrare le nascite nel periodo estivo quando le mucche sono libere nei pascoli alti dove c’è meno rischio di malattie, l’aria è pulita, tutto è pulito e le mucche sono in un ambiente a loro congeniale.

Le mucche dell'altro piano sono prevalentemente da carne. Sono animali docili e curiosi.
Le mucche dell’altopiano sono prevalentemente da carne. Sono animali docili e curiosi.

Le mucche adulte fanno gruppo, si difendono a vicenda e non è così facile per i lupi infilarsi tra di loro. Appena capiscono che qualcuna di loro è in pericolo si affrettano a fare massa una vicina all’altra in fronte compatto.  Queste mucche sono così, ma l’allenamento principale qui è tradizionalmente di mucche da latte che sono molto più docili e anche meno agili.
I lupi che vivono qui sono sicuramente più di quelli che ci dicono. Loro dicono che l’estate scorsa erano tredici e che c’è un solo branco. Non è vero, ci sono tre branchi, uno a ovest, uno al centro è uno a nord della Lessinia. Me lo ha detto un signore che fa il fotografo e li segue da quando sono arrivati. Lui è capace di riconoscere ognuno di loro. Si sono fermati qui perchè è facile procurarsi da mangiare e nascondersi. Loro trovano il bestiame domestico nei pascoli alti, i selvatici nelle foreste che risalgono i valloni circondati da rocce. Spingono gli ani ali in trappole di pietra e se ne nutrono per tutto il periodo estivo e d’inverno, quando scendiamo, si nutrono dei selvatici e scendono a valle anche loro ogni volta che devono fare rifornimento. Quest’inverno a Velo c’è stata la predazione di una manza a duecento metri dalle case.
Se non si farà qualcosa di serio, qui diventerà insostenibile. L’altro giorno c’è stato un incontro di esperti proprio sulla difesa da grandi predatori, proprio qui in Lessinia, sai cos’è anno deciso? Dicono che dobbiamo fare dei recinti elettrificati con il filo a tre altezze. Sai quanto sono vasti questi pascoli? Sono intere montagne carsiche dove l’unica acqua è concentrata negli stagni. Gli stagni sono lontani e non si spostano, le mucche sì.
– Ma di cani da guardiania non hanno parlato?
– Sì che ne hanno parlato, ne parlano sempre ma qui i pochi che si sono fatti convincere a prenderli si sono trovati una grana in più. Bisogna insegnare tutto a quei cani lì e le mucche che si sono abituate ad aver paura dei lupi, non ne vogliono sapere di cani.

cosa arriva dal bosco?

Intervista a Fulvio Valbusa. Sovrintendente Corpo Forestale dello Stato. Comando Stazione di Bosco Chiesanuova.

Fulvio Valbusa da www.outdoorblog.it
Fulvio Valbusa
da www.outdoorblog.it

Eravamo appostati lì sopra i Parpari da ore. Il segnale arrivava da Verona e pensavamo che da lì si sarebbe diretto a nord. Lo aspettavamo ma ci eravamo quasi arresi. Luca stava ritirando l’attrezzatura e a turno continuavamo a guardare la foresta con il binocolo come se fosse una tasca in cui eravamo certi di aver infilato qualcosa che non trovavamo. Ne aspettavamo uno solo. Se fossero usciti un attimo dopo, gli avremmo voltato le spalle e non ne avremmo mai saputo niente.
Giulietta è entrata nel pascolo per prima, Slavc dietro. Non posso dimenticarmelo, è come se mi dimenticassi quando è nato mio figlio. In un attimo Luca ha tirato fuori tutta l’attrezzatura e li abbiamo guardati e ripresi, ripresi e guardati ed erano veri, proprio lì davanti a noi. Siamo andati via solo quando sono spariti.
Da allora è cominciato un monitoraggio serrato con appostamenti, transetti e posizionamento di telecamere. Solitamente cerchiamo di posizionarle in punti di passaggio e di camuffarle in modo che non si accorgano di essere osservati. Si cerca di evitare i rendez vous dove si sentirebbero proprio disturbati. Lì andiamo ad appostarci ma da lontano.
Loro due non sono come gli altri: guarda questa ripresa, questa è Giulietta, sta solo passando e guarda avanti, di colpo si accorge di qualcosa, guarda fisso nella telecamera e fugge. Nella stessa telecamera c’è quest’altra ripresa, lo vedi quel cucciolo di un anno? Passa, si accorge di qualcosa e ne resta incuriosito, la guarda da vicino e se ne va un po’ stranito. Se ne va, ma non è spaventato. Quest’altro cucciolo di sei mesi ci viene proprio a giocare, altro che paura!
I cuccioli li riprendiamo facilmente, in proporzione Slavc e Giulietta non li si vede quasi mai. Loro hanno un livello di attenzione diverso.

Bivacco a monte dei Parpari.
Bivacco a monte dei Parpari.

Il battesimo di Giulietta

Vittorio ZambaldoDal 1870 non si vedevano più lupi in Lessinia.
Vittorio Zambaldo è giornalista. Scrive per L’Arena, il quotidiano di Verona. È una persona che oltre a saper studiare per sua sensibilità le faccende dell’anima, sa anche camminare e apprendere. Si guarda intorno, guarda le persone e le ascolta.
Quell’inverno si sapeva che un lupo che era partito dalla Slovenia si era messo a camminare verso sud ed era arrivato in Lessinia. Il radiocollare registrava la traccia dei suoi percorsi e ogni sei ore la inviava aggiornando sui suoi movimenti.
Un giorno gli arrivò la notizia che dove era passato Slavc c’era una doppia traccia. In alcuni momenti i due animali camminavano uno sulle peste dell’altro, in altri momenti trotterellavano affiancati. L’altro animale poteva essere un altro lupo maschio o femmina o un cane. Poteva essere.
– Direttore, ha sentito di quella doppia traccia dove è passato Slavc?
– Sì
– Solo due innamorati possono andare a passeggiare fianco a fianco nella neve come quei due animali. Slavc qui a Verona ha trovato forse la sua Giulietta?
Lui ha sempre aggiornato il giornale in modo ligio, senza anticipare né esagerare nulla che non potesse essere comunicato. Quella volta non era riuscito a domare la sensazione che gli assicurava che l’altro candide che camminava al fianco di Slavcz era una femmina e, visto che quella parte della Lessinia è in provincia di Verona, il giorno dopo sul giornale c’era scritto che Slavc aveva incontrato la sua Giulietta.
Era una cosa che non si poteva dire. Non c’era nessun dato certo. Se i fatti non lo avessero confermato, avrebbe dovuto ritrattare.
Ad agosto era stato trovato il cadavere di una lupa avvelenata in pessimo stato, denutrita, con evidenti segni di un laccio intorno al collo da cui probabilmente era riuscita a liberarsi prima di finire sul boccone che l’aveva uccisa. Era di origine italica. Che fosse Giulietta?
Non era Giulietta. Il branco che viaggia oggi da est a ovest attraverso la Lessinia è nato da quella passeggiata.

Davide Berton

Davide Berton. Coordinatore dei responsabili Grandi Carnivori del CAI  e responsabile per Veneto e Friuli Venezia Giulia.

Nel nostro piccolo facciamo del nostro meglio per fare da anello di congiunzione tra le persone comuni che frequentano la montagna e la ricerca scientifica.

Davide Berton e le praterieIl lupo è prezioso per l’ambiente come gli altri elementi che ne fanno parte, sia l’abete che il capriolo. È più problematico, per arrivare a una convivenza tra uomini che frequentano le montagne e grandi carnivori occorre formazione. I compiti che stiamo adempiendo da volontari riguardano la raccolta di segnalazioni e il creare una cultura positiva tra i soci, rispetto a questi animali. In pianura è sempre più semplice parlarne, vicino alle montagne è sempre più delicato. In genere gli anziani quando si tocca l’argomento tagliano corto e non ne vogliono sapere.
La difficoltà più grossa per le segnalazioni è che devono arrivare in tempo utile ed essere precise per la localizzazione e l’accertamento del personale scientifico. Dopo una settimana che una carcassa è esposta a tutti gli animali che passano, diventa molto difficile accertarsi da chi è stata predata.
In Cansiglio l’ultimo lupo è stato ucciso nel ’29 ed era un elemento in dispersione perché già allora non se ne sentiva parlare da anni. Riabituarsi a gestire una difficoltà è molto più impegnativo che dimenticarsene quando il problema non c’è.
Stiamo allestendo una mostra di una ventina di pannelli sui grandi carnivori delle Alpi per poterla esporre nelle sedi CAI da utilizzare come strumento di informazione oltre ai convegni.
Il progetto Life wolfalps ha un termine di tempo oltre il quale i lupi ci saranno comunque. Stiamo organizzandoci perché tutto questo lavoro non sfumi allo scadere del progetto. Essendo il CAI su base volontaria è più facile ma richiede un grande impegno. Ciascuno di noi ha il suo lavoro e la sua famiglia. Sul territorio nazionale siamo sei responsabili e ci occupiamo ciascuno di una vasta regione. L’intenzione è di tenere insieme una rete omogenea, anche se poi ciascuno esprime la propria individualità.