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Tremo

  1. Velikie Luki, 12 luglio 2019

Siamo in quarantena da settimane, il mio telo é stato piantato vicino al recinto dei cavalli fino a oggi pomeriggio. Oggi l’ho smontato e vado a San Pietroburgo a disintossicarmi dalla carta anche se dovrò recuperare un modulo per un documento che qui non c’è. I cavalli non ne possono più di stare intrappolati, e neanche io.

Eugenia mentre si studia il regolamento per l’importazione di equidi in CE e mi insegna le parolacce in russo. Fino a qui non ne avevo imparata neanche una.

Alla stazione veterinaria ci stanno dando una mano in tutti i modi. Eugenia, la veterinaria che si é ritrovata le carte dei miei cavalli tra le mani, non può essere contenta che io sia arrivata proprio qui a sistemare le carte. Ogni casella che riempiamo, ne saltano fuori due che sollevano dubbi da risolvere.
Un pezzo per volta: ci pensa, trova la soluzione e agisce. Non le era mai capitato un caso così complicato. Si é ritrovata a passare da me anche dopo lavoro, anche domenica pomeriggio.
Ci siamo tradotte dall’ inglese al russo tutte le clausole per sistemare il certificato veterinario per l’Europa. Un pezzo per volta salta fuori tutto e ieri sono arrivati i risultati delle delle analisi del sangue, é tutto a posto.

Escursione al laboratorio di Mosca.

Manca ancora il certificato di una vaccinazione che avevo fatto in Mongolia che si é perso per strada. É tornata in pista Yesulen che ha rintracciato il veterinario che la aveva fatta e a metà della prossima settimana dovrebbe arrivare.

Carta carta carta

Oggi comunque tutti i papiri riguardanti Custode e Чегерэ sono stati spediti a Mosca per chiedere il permesso di attraversare la frontiera, mentre loro sempre accuditi dalla gente di Пётр Петрович.

Пётр Петрович e l’arco che ha donato al viaggio.

La notte di San Giovanni

Qui il tramonto dura tre ore, a volte quattro. La vera notte in questa stagione non scende mai. Qualche stella si presenta all’appello e fugge nel giro di una mezz’ora per ripararsi dall’estate.

Alle undici e mezza

Proprio oggi inizio le trafile per la frontiera con l’Europa. Sono in un maneggio che sembra inventato apposta per farmi dipanare tutta la matassa. É pizzicato tra la città e la palude. Solo qui intorno i prati sono pascoli. Gli edifici sono dipinti di bianco. In ogni angolo Katia cura fiori tutti diversi che trasformano ogni angolo in un giardino.

I pascoli verso la palude

Stasera sono arrivati qui due camion. A bordo c’erano sei persone e tre cavalli, polacchi di Opole, diretti a Mosca per una gara. Si sono fermati qui per far riposare i cavalli. Domani a mezzogiorno devono essere a Mosca. Loro mi hanno dato qualche dritta in più. Hanno appena passato dieci ore alla frontiera e hanno ancora avuto la pazienza di sedersi a un tavolo piccolino per farmi vedere le loro carte e darmi qualche dritta.

Loro aspettano qui e non si lamentano della tregua.

Vediamo quante pedine mancano. L’idea che questo posto, questo incontro, la gentilezza con cui Petr Petrovich si interessa di appoggiarmi nella mia lotta contro la carta fossero regali di san Giovanni mi si è appiccicata alla testa.

Tra la scuderia di Piotr Pietrovich e la città

La tregua del fieno

2019_06_11 Vyazma

Custode e Tgegheré prima degli insetti

Custode é un cavallo giovane, forte, dolcissimo. Dal primo giorno si è rivelato indispensabile per il suo buon carattere e coraggio, l’ho sempre ammirato per la sua compostezza e precisione.
Ho sempre dovuto tenere un occhio di riguardo per Tgegheré che invece è un bandito professionista e sa cacciarsi nei guai con la decisione di chi ha l’intelligenza per uscirne.

Custode l’intollerante

Andando avanti la geografia mi ha imposto uno spostamento di attenzione. Le foreste paludose che stiamo attraversando adesso sono una fabbrica di insetti molesti e Custode li patisce. Li patisce da impazzire. Diventa un mostro, guarda nel vuoto e colpisce tutto quello che gli capita a tiro, é riuscito a non mangiare per tre giorni, invece di pascolare galoppava in cerchio per quanto era lunga la corda, pestava l’erba e non la assaggiava neanche. Ho provato con i repellenti, ma l’effetto svaniva prima che lui trovasse quiete. Un guaio. É scappato tre volte contorcendosi nelle sue acrobazie e l’ultima é stata molto pericolosa perché per poco non finiva in autostrada.
Basta.
L’unico modo per farlo riposare e nutrire é chiuderlo da qualche parte e portargli erba o fieno.
La gente mi guarda come se fossi un alieno quando chiedo dove posso trovare posti simili in un momento dell’anno in cui tutti tirano il fiato perché possono finalmente lasciare gli animali al pascolo tutto il giorno.

Irina

Finalmente ho trovato una persona che ha capito e ha contattato tutti quelli che conosceva da casa sua a duecento chilometri di distanza per avvisare del mio arrivo e chiedere di preparare un posto così per questa anima in pena.
Si chiama Irina, ha una decina di cavalli sulle sponde del fiume Ugra, ha la voce dolce come un angelo e basta che parli per far stare meglio tutti, fa un formaggio di capra che é la fine del mondo e legge nel pensiero.
Da quando siamo stati da lei, finalmente Custode mangia e riposa. Ogni posto da lei consigliato sulla nostra strada era una casa accogliente.

Angelika che prima di pensare a fare colazione é andata a tagliare l’erba per Custode che si sta facendo una scorta di coccole.

Andiamo avanti di notte e arriviamo al mattino. Preparo degli strani bivacchi diurni, sistemo la belva e faccio il bucato. Poi vado a dormire.
Il mostro che gli insetti volevano far uscire da Custode non morde più.

Il chiarore della notte estiva sulle paludi. Il concerto delle raganelle che si ingozzano di zanzare e piccola luna che ha voglia di crescere.

W i pompieri di Kaluga

Che cos’è la Russia per me? Che cos’hanno in comune tutte queste genti da Gorno Altaisk a qui? Hanno in comune l’autenticità dei gesti. Sono sempre pronti.

I pompieri di Kaluga che quando hanno trovato Custode nel bosco, dopo quattro ore di ricerche, mi hanno chiesto: ‘questo cavallo é il tuo?’

Credo che oggi il ritrovamento di Custode nel bosco di fianco all’autostrada sarebbe finito diversamente se non fossi stata in Russia. Stamattina alle quattro, dopo avre tentato invano di seguirne le tracce e immaginando che stesse tornando indietro, ho chiamato la polizia perché temevo che questa volpe andasse verso la città mettendo in pericolo sé stesso e gli altri e così stava per fare.

Дмитрий Беленко, Сергей Большов, Павел Солохин, Анна Нехорошева девушка психолог, водитель Слава Надеин e il mezzo con cui ci siamo spostati da una parte all’altra della foresta per cercare.

Nel giro di un’ora è arrivata un’unità di pompieri avvisati dalla polizia che hanno messo a disposizione tutti i mezzi possibili compreso un drone per aiutarmi a cercarlo e hanno avvisato chiunque di loro fosse in giro di metterli al corrente se vedevano un cavallo mongolo in centro a Kaluga.  Lo hanno trovato e mentre lo riportavo al bivacco attraverso il bosco, ho incontrato tre ragazze che ne stavano seguendo le tracce dove stanotte le avevo perse.

Pompieri in libera uscita sulle tracce di Custode

Nel frattempo avevo mandato un messaggio alle fatine di Tgegheré che alle sei di mattina si erano organizzate da un minuto all’ altro, partendo da Tula per venire in mio soccorso. Quando i pompieri lo hanno trovato, le ho chiamare per avvisare che era tutto a posto e loro erano già qui, pronte a darmi una mano.

Marina, ex allevatrice di arabi e Oksana, trasporto animali e programmatrice: due delle tre fatine di Tgegheré..ma quella é un’altra storia.

 

Oltre il Don

2019_04_22 Kalabino
Dopo aver marciato con il Don alla nostra sinistra per quasi un mese, ho dovuto decidermi ad attraversarlo. Un ponte é una cosa da niente: meno di un chilometro e sei dall’altra parte, ma certi ponti sono viaggi interplanetari, da questa parte del fiume l’umanità é completamente diversa. Mi sento di aver lasciato una terra amica, se ci fossimo trovati qui in inverno, non ce l’avremmo fatta ad avanzare, la gente é chiusa, guarda storto e pensa sempre che ci sia una fregatura. Finché sono avanzata tra i cosacchi ogni persona è stata un diamante che ha reso prezioso ogni minuto di questo anello verso Vyocenskaya.

Sergej, ataman di Mikhailovka sul Medvediza, che ci ha spalleggiati mentre costeggiavamo il Don, mi ha accompagnata a vedere Stalingrado facendomene cogliere significati profondi e ha reso leggero il viaggio di Tgegheré quando era stanco. Questa persona é mille persone in una.

Qui il bello sono i paesaggi, la steppa é mossa su colline varie. Incontriamo almeno un paio di laghetti ogni giorno e finalmente c’è erba. Custode e Tgegheré sono contenti di pascolare e per loro é meglio qui.

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Ci siamo ancora

Caro Giovanni, ti chiedo scusa per essere scomparsa, sono successe molte cose ed è stato un po’ complicato pensare ad aggiornare il sito. Ho scritto sempre, al ritorno spero di non perdere queste tracce che sono state molte di più di quelle che mi sono aspettavo, e me ne aspettavo molte! Qui é tutto vero, non ci sono cowboy e la steppa sta per tornare a sorridere. Abbraccio.p

Siamo quattro: чэгэрэ, Custode, io e il vento..

Un sorriso che apre la via

2019_02_27 Marx, ex Ekaterineschtadt

Julia, mentre veglia sulla mia strada.

– Penso di fermarmi prima di Marx. É una città, non troverei posto per i cavalli.
– non preoccuparti, vai fino lì, troverai la scuola di equitazione e lì c’è tutto quello di cui possono avere bisogno i tuoi cavalli
– ok, ci provo.
Viktor Vasilevich ha chiamato Julia prima che partissi. La strada è stata veloce come se fossimo tirati da un filo, prima ci hanno accompagnati Valentina e Aurora e poi, prima di entrare in città ci é venuta incontro Julia che ci ha guidati per piccole stradine coperte di neve fino al maneggio di Marx, ma prima mi ha offerto una tazza di tè bollente che aveva preparato in un termos e blinji dolci, lì in piedi in mezzo alla strada.
Occhi azzurri, cappellino e gonna a pieghe e una giacca di pile grigio argento molto vaporoso. Julia: eleganza sobria e sorriso franco, pronta a sorprendersi di ogni meraviglia.

Il bivacco sotto la tettoia

Siamo arrivati al maneggio che c’era ancora un filo di luce. Siamo in un bel recinto con una tettoia enorme, tutto pronto per noi.
Di giorno ci sono bambini e adulti che si alternano sui cavalli della scuola. Di sera cala il sipario e rimangono le chiacchiere leggere.
Nella scorsa estate qui c’è stato un piccolo dramma: un guasto dell’impianto elettrico ha provocato un incendio che in dieci minuti si è impadronito del fieno accatastato di fianco alla selleria. Per fortuna erano tutti qui e i pompieri sono arrivati subito.
Quello che si vede adesso é il cantiere per ripristinare l’ordine precedente, intanto la scuola va avanti e oltre ai cavalli ospita un numero indefinito di gatti e di roditori di ogni parte del mondo, due cani, due conigli e due furetti, una scimmia che é il principe della casa.

Martin: la scimmia re!!

In mezzo a tutti questi lavori, l’atteggiamento di Julia é di affrontare ogni piastrella e ogni lampadina come se fossero un dono. É stato bello passare del tempo con lei, é di quelle persone che sanno dare una giusta misura alle cose e sorridere di fronte a tutto.

L’officina del cavaliere

2019_02_26 Yastrebovka

Viktor Vasilecich

Con queste giornate corte ogni perdita di tempo potrebbe comportare una notte senza fieno. Ho provato a cercare una strada segnata sulla mappa e ho perso due ore girando a vuoto in un villaggio dalla geometria sparsa: ogni via verso la steppa é coperta da più di un metro di neve.
Il sole intanto andava avanti dietro le nuvole e noi ci siamo dovuti rassegnare alla strada nazionale. Non c’è altra soluzione per i prossimi quattro chilometri. Con la neve, oltre ai camion ci sono gli spazzaneve e i cavalli sono arrivati stanchissimi perché la paura li mette ko e il bordo strada è una lastra di ghiaccio che li fa camminare con circospezione e non mette nessuna allegria.

Il fieno nella slitta mi faceva un po’ paura e ho mostrato la mia perplessità. Viktor ha detto di non preoccuparmi che quando sarebbero andati via, avrebbe chiuso il cancello e non sarebbero potuti andare lontano.

Viktor Vasilecich lo conoscono tutti e quando ho visto i suoi cavalli era proprio lì che gli portava da bere.
L’ho chiamato per nome, si é girato sorpreso, i cavalli si sono girati tutti verso di noi, guardandoci con il suo stesso sguardo.
Siamo arrivati all’officina e mentre lui e il figlio Sergej spostavano la slitta per riempirla di fieno, ho cominciato a dissellare con calma. Come sempre é arrivato qualcuno che ha iniziato a spiegarmi come dovevo fare. Alla terza parola di troppo é arrivato Viktor in mio soccorso:
-ma non vedi che questa donna sa cosa deve fare?
Fine del tormento.
Hanno liberato una parte del tavolo da lavoro e ci hanno steso una cerata per apparecchiare con un bollitore per il té, hanno caricato la stufa dell’officina e mi sono passata la sera al caldo ascoltando i cavalli tritare fieno.
Ci sono state delle visite dopo cena: é venuta a trovarmi Valentina, la sorella di Viktor. Lei lavora in una fabbrica di salsicce e domani deve partire presto. Ha portato una scatola di cioccolatini.
Invece no, al mattino oltre a Viktor sono arrivate altri sette uomini, tutti dall’aria giusta e lo sguardo diritto. Mentre ingrassavo gli scarponi e cominciavo a sellare, sembrava che tutto fosse al rallentatore: uno portava acqua per i cavalli, un altro mi accompagna a vedere i cavalli del recinto. Sembrava tutto frenato. Quando ho creduto di ringraziare e salire  in sella é arrivata una macchina di corsa ed è scesa Valentina. Capezza, longhina, sella, testiera e siamo in strada tutte e due. Si é presa un giorno di ferie, ha sellato Aurora, la sua cavalla e ci ha accompagnati per due ore da un villaggio all’altro. Che bello, questo sí che é un regalo!

Valentina

Le donne di Sasha

Tgegheré ritorna di corsa da Custode, portando Sasha, il figlio di Valentina che ha provato a fare due passi su un autentico cavallo mongolo.

La signora Valentina aveva avvisato che sarei arrivata. Appena sono sbucata sulla strada coperta di neve che porta alla sua azienda, una donna mi ha chiamata da lontano e quando sono arrivata all’edificio da cui era sbucata, c’erano quattro persone insieme a lei. Due di loro hanno preso i cavalli e li hanno legati a una mangiatoia ricolma. Uno di loro è andato a scaldare l’acqua per il té e in un attimo ero di fianco a una stufa con una tavoletta di cioccolato tra le mani.
Tatiana, Tamara, Liuba, Liuda, Aleksej, Sergej, Valodie.
Persone diverse si alternano nella piccola stanza e queste scorte di coccole sono quello che fa funzionare tutto.

Custode e Tgegheré, il fieno e una montagna di neve.

La signora Valentina era di corsa e l’ho sentita dare disposizioni al telefono per come sistemarmi. Siamo ripartiti al seguito di Aleksej, il veterinario con il mal di schiena e mentre arrivavano alla Stolovaja, arrivavano anche due trattori: uno con un rimorchio di fieno per i cavalli e uno con le forche per allargare un piazzale dove farmi montare la tenda.
Le donne della Stolovaja mi accudivano, mentre i cavalli stavano a testa bassa nel fieno fino alle orecchie.
Poi tutti sono spariti e li ho rivisti al mattino: un bel mattino.

Buongiorno!! Ma non ti sei congelata?

La mossa del cavallo

Ritrovati Tgegheré e Custode in piena forma. Qui sono con l’abate del monastero della Resurrezione e con padre Ambrogio che é originario di Rostov na Donu. Lui è un autentico cosacco e prima di prendere i voti ha sempre avuto cavalli.

Nawmosjka, ventidue febbraio duemiladiciannove

Era tutto fermo. Dovevo di nuovo aspettare. Aspettare il maniscalco, aspettare i documenti della quarantena, aspettare i file delle mappe per proseguire. Aspettare, aspettare, aspettare: tutte pedine che avevo avvisato tre mesi fa. Scacchiera immobile, telo montato nello stesso posto per dieci giorni, fuoco acceso. Il fuoco del campo e i muscoli in movimento scaldano in modo diverso.
Una domenica pomeriggio girovagavo sulle sponde dell’Irghis guardando i mulinelli di neve portati dalla bufera. Sulla pista che porta al monastero c’erano tracce di un cavallo al trotto. Per gioco mi sono messa a seguirle. Silenzio, mulinelli, rami secchi che si rompono al vento. Per mezzo minuto il silenzio bianco di cielo e terra si è spezzato: un cavallino nero al trotto veloce tirava una slitta condotta da un signore dall’aria allegra, dietro era seduta una signora dai tratti asiatici. Ridevano e l’aria rideva con loro.
Quello era il cavallo che stavo seguendo. Fine del gioco, inizio del gioco. L’indomani sono tornata negli uffici della stazione veterinaria.
Posso partire venerdì!!!

Sulle tracce della slitta di Sergej, mi ritrovo su un’autostrada per cavalli. Da qui passano solo loro e viaggiano come il vento.

Non so se é stato quel cavallino nero a smuovere tutto, o se semplicemente era ora che si allineassero le stelle per la partenza. So che da quel momento in poi é arrivato tutto di colpo e che adesso siamo davvero in marcia da quattro giorni. Ogni tanto il vento molla e sembra che faccia caldo.
Quel cavallo arrivava da Vetka, sulla riva opposta dell’Irghis rispetto al monastero che ci ospitava. Abbiamo camminato sul fiume gelato per tre chilometri seguendo la pista della slitta di Sergej, da casa sua comincia il secondo tempo del viaggio, la signora che era seduta dietro nella slitta era sua moglie. Loro vivono in questo villaggio dove non c’è neanche il negozio, hanno cavalli, mucche, pecore, galline, oche e piccioni. D’inverno arrivano con la slitta fino al monastero e lí qualcuno gli porta la spesa dalla città, d’estate ci sono la telega e il ponte pedonale dei pescatori. Il ghiaccio dei fiumi non é più sicuro. C’é solo meno dieci e comincia a fare crepe. Per attraversare il Volga dovrò per forza salire su un ponte.