recensione di Irene Borgna per Alpidoc

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Recensione di
Campo di stelle. A cavallo a Santiago di Paola Giacomini, I Quaderni dell’Alpitrek – ALPITREK, Giaveno (TO) 2016, pp. 160

Poteva andare diversamente.
E’ andata più o meno così.

Un libro che arriva travestito da regalo sotto la pioggia sottile di marzo porta freschezza di germoglio, odore buono di terra e voglia di partire. Esattamente 10 anni fa, il 19 marzo 2006, Paola e Isotta lasciavano Caprie, in Val di Susa, dirette a Santiago de Compostela. Sembra di vederle, la bruna e la bionda, 27 anni una e 14 l’altra, salire verso la Sacra di San Michele sotto al cielo grigio, nelle bisacce due soldi di dubbio e tre di coraggio – e l’essenziale per sei mesi di bivacco senza compromessi sotto a stelle, fulmini, vento e siccità. Il loro cammino “fatto di caldo, buio, fughe ostacoli e gioie” è un andare e tornare lungo circa 4500 chilometri, un’avventura a due per una coppia di ferro. Di ferri Isotta ne ha uno per zampa: è una cavalla arabo-avelignese, saura con la criniera bionda. La sua compagna di viaggio, che sceglie la direzione e scandisce il tempo dell’andare, si chiama Paola, che ha lasciato Torino per una casa da cui si può partire in sella.

In pochi giorni prendono il largo lontano dal mondo conosciuto: passato il Monginevro, levano l’ancora lontano dalle Alpi, approdo sicuro e punto di riferimento. È quando ti accorgi di non saper più dire dove sarà la fonte successiva che ti rendi conto di aver davvero varcato il confine di ciò che è famigliare. Il grande cambiamento di stato, da sedentario a pellegrino, fa temporaneamente di Paola un’apostata nomade, controcorrente e ribelle rispetto alla scelta di legarsi a un campo e una casa che l’umanità (quasi tutta) ha fatto partire dall’invenzione dell’agricoltura.

Quello di Paola e Isotta è un viaggio fatto di chiedere e ricevere, dove cavallo e cavaliere incontrano di volta in volta qualcuno che ospita, indica la via, offre cibo, sapone fatto a mano o il riparo di una stalla. Alcuni incontri sembrano altrettanti inizi di romanzi, di certi si capisce che hanno retto alla prova del tempo e della distanza, altri invece si sono persi per un accidente simile a quello che li aveva originati. “Nelle fiabe, capita spesso che il protagonista per strada incontri una fata, un mago o un animale magico, che gli donano oggetti o abilità di cui avrà bisogno per raggiungere la meta. Non gli chiedono niente in cambio. Il loro desiderio è che lui arrivi in fondo”. Iniziato come uno spartito per due, il cammino si sviluppa con l’aiuto di una piccola folla per diventare, in prossimità della meta, un viaggio collettivo: è come pellegrine fra i pellegrini che le due compagne d’avventura raggiungono la Cattedrale costruita nel mezzo di un campo di stelle. Un breve attimo di vertigine, prima di riprendere la via (“incoraggiate” dall’intervento dei gendarmi allarmati dalla presenza di Isotta sulla piazza della chiesa), verso Finisterre, riva dell’oceano visitata dal fuoco, e quindi verso casa, per un percorso diverso da quello dell’andata.

Il libro è orientato da Est verso Ovest, un po’ come la Val di Susa, e proprio come una valle alpina ha momenti d’ubac freddi e difficili e angoli di adreit perfetti, intrisi di luce e di pace. I 50 brevi capitoli, ciascuno legato a un luogo preciso e a un episodio da raccontare, scorrono veloci come i grani di un rosario, ma quando il giro si chiude, è con un pizzico di dispiacere e un’immensa voglia di partire che si chiude il libro.

Pagina dopo pagina, il lettore è invitato a entrare con rispetto e discrezione nel mondo di Isotta e Paola, giovane donna di forza, intelligenza e grazia, che nel bagaglio indispensabile porta chiodi, tronchesine e una gonna, perché “per non diventare selvaggi rimanendo selvatici, occorre cura”.

“Campo di stelle” è un dialogo da viaggiatrice a viaggiatori, ma anche un regalo per i sedentari e una miniera di informazioni e di ispirazione per i viandanti a cavallo, grazie anche alle appendici più “tecniche” che accompagnano la narrazione. Persino chi scrive, che di equidi in generale sa ben poco e non ricorda mai qual è il mulo e quale il bardotto, appena finito il libro si è sorpresa a pensare, guardando distrattamente una radura ombrosa e ospitale al di là del vetro del finestrino “questo è un posto che piacerebbe anche a Isotta”…

fuoco acceso telo tirato cavallo sazio per unire nella stessa avventura uomini cavalli e montagne