azzardati corrono i pensieri, si avvicinano ad altri sepolti e viene fuori una vecchia storia
c’era una caverna, uomini in catene erano legati contro la parete, non potevano voltarsi neanche guardare verso l’uscita.
unico loro contatto con l’esterno era dato dalle ombre che il sole proiettava sulla parete.
i loro occhi abituati al buio, pativano di quel poco di luce che gli annunciava lo scorrere del tempo, sera e mattina.
uno di quegli uomini scopriva come liberarsi delle catene e strisciava verso l’esterno con quel poco di forza che i suoi muscoli, atrofizzati dalla lunga immobilità, riuscivano a radunare.
accecato dal bagliore del giorno, tornava a nascondersi vicino agli altri. Potendo voltarsi provava a riabituarsi alla luce guardando verso l’uscita. cominciava a distinguere i colori e le forme all’esterno.
non ci capiva niente ma cercava di descrivere quello che vedeva. a nessun altro veniva voglia di liberarsi.
calata le notte, quell’uomo usciva da solo dalla caverna per non tornarvi mai più
il mito raccontato da Platone è più complesso e sfiora molti temi che qui non possono venire a galla. questa è solo una libera interpretazione con cui mi approprio indebitamente di una grande storia. chiedo scusa a Platone, Socrate e a tutti gli altri ma non potevo farne a meno