Intervista a Fulvio Valbusa. Sovrintendente Corpo Forestale dello Stato. Comando Stazione di Bosco Chiesanuova.
Eravamo appostati lì sopra i Parpari da ore. Il segnale arrivava da Verona e pensavamo che da lì si sarebbe diretto a nord. Lo aspettavamo ma ci eravamo quasi arresi. Luca stava ritirando l’attrezzatura e a turno continuavamo a guardare la foresta con il binocolo come se fosse una tasca in cui eravamo certi di aver infilato qualcosa che non trovavamo. Ne aspettavamo uno solo. Se fossero usciti un attimo dopo, gli avremmo voltato le spalle e non ne avremmo mai saputo niente.
Giulietta è entrata nel pascolo per prima, Slavc dietro. Non posso dimenticarmelo, è come se mi dimenticassi quando è nato mio figlio. In un attimo Luca ha tirato fuori tutta l’attrezzatura e li abbiamo guardati e ripresi, ripresi e guardati ed erano veri, proprio lì davanti a noi. Siamo andati via solo quando sono spariti.
Da allora è cominciato un monitoraggio serrato con appostamenti, transetti e posizionamento di telecamere. Solitamente cerchiamo di posizionarle in punti di passaggio e di camuffarle in modo che non si accorgano di essere osservati. Si cerca di evitare i rendez vous dove si sentirebbero proprio disturbati. Lì andiamo ad appostarci ma da lontano.
Loro due non sono come gli altri: guarda questa ripresa, questa è Giulietta, sta solo passando e guarda avanti, di colpo si accorge di qualcosa, guarda fisso nella telecamera e fugge. Nella stessa telecamera c’è quest’altra ripresa, lo vedi quel cucciolo di un anno? Passa, si accorge di qualcosa e ne resta incuriosito, la guarda da vicino e se ne va un po’ stranito. Se ne va, ma non è spaventato. Quest’altro cucciolo di sei mesi ci viene proprio a giocare, altro che paura!
I cuccioli li riprendiamo facilmente, in proporzione Slavc e Giulietta non li si vede quasi mai. Loro hanno un livello di attenzione diverso.
Dal 1870 non si vedevano più lupi in Lessinia.
Vittorio Zambaldo è giornalista. Scrive per L’Arena, il quotidiano di Verona. È una persona che oltre a saper studiare per sua sensibilità le faccende dell’anima, sa anche camminare e apprendere. Si guarda intorno, guarda le persone e le ascolta.
Quell’inverno si sapeva che un lupo che era partito dalla Slovenia si era messo a camminare verso sud ed era arrivato in Lessinia. Il radiocollare registrava la traccia dei suoi percorsi e ogni sei ore la inviava aggiornando sui suoi movimenti.
Un giorno gli arrivò la notizia che dove era passato Slavc c’era una doppia traccia. In alcuni momenti i due animali camminavano uno sulle peste dell’altro, in altri momenti trotterellavano affiancati. L’altro animale poteva essere un altro lupo maschio o femmina o un cane. Poteva essere.
– Direttore, ha sentito di quella doppia traccia dove è passato Slavc?
– Sì
– Solo due innamorati possono andare a passeggiare fianco a fianco nella neve come quei due animali. Slavc qui a Verona ha trovato forse la sua Giulietta?
Lui ha sempre aggiornato il giornale in modo ligio, senza anticipare né esagerare nulla che non potesse essere comunicato. Quella volta non era riuscito a domare la sensazione che gli assicurava che l’altro candide che camminava al fianco di Slavcz era una femmina e, visto che quella parte della Lessinia è in provincia di Verona, il giorno dopo sul giornale c’era scritto che Slavc aveva incontrato la sua Giulietta.
Era una cosa che non si poteva dire. Non c’era nessun dato certo. Se i fatti non lo avessero confermato, avrebbe dovuto ritrattare.
Ad agosto era stato trovato il cadavere di una lupa avvelenata in pessimo stato, denutrita, con evidenti segni di un laccio intorno al collo da cui probabilmente era riuscita a liberarsi prima di finire sul boccone che l’aveva uccisa. Era di origine italica. Che fosse Giulietta?
Non era Giulietta. Il branco che viaggia oggi da est a ovest attraverso la Lessinia è nato da quella passeggiata.
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