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Criminali innocenti

Nessuno di noi è innocente, questa vita così strettamente connessa al nostro lavoro non è riconducibile a nessuno schema. Ogni volta le soluzioni sono da inventare al limite dello schema.
– Candido, pastore del Lagorai-

Fulvio Benedetto, pastore dell'Alpe Jouglard. L'unico momento dell'anno in cui vive in una casa con quattro pareti e un tetto è l'estate. Portando il gregge per tutto il resto dell'anno a inseguire l'erba dalla Val Chisone a Vallandona in provincia di Asti, porta la roulotte con tutto il necessario per vivere e trasportare il materiale per i recinti e gli agnelli da un pascolo all' altro. Le pecore devono mangiare tutti i giorni e, quando sono tante, l'erba finisce in fretta.
Fulvio Benedetto, pastore dell’Alpe Jouglard. L’unico momento dell’anno in cui vive in una casa con quattro pareti e un tetto è l’estate. Portando il gregge per tutto il resto dell’anno a inseguire l’erba dalla Val Chisone a Vallandona in provincia di Asti, si sposta con la roulotte con tutto il necessario per vivere oltre a trasportare il materiale per i recinti e gli agnelli appena nati. Le pecore devono mangiare tutti i giorni e, quando sono tante, l’erba finisce in fretta. Foto Paolo Bosio

Fermarsi sul prato di uno sconosciuto che non ha dato l’autorizzazione è reato penale.
Passare da un posto a un altro spostando a piedi un migliaio di pecore è un’impresa sempre più difficile.
I passaggi sui canali che sono sempre serviti per muoversi tra i campi, sono sempre di meno, crollano e non vengono ripristinati. I grandi trattori che rendono possibile l’agricoltura moderna non hanno bisogno di scorciatoie ma di strade larghe e possibilmente asfaltate.
Con l’ aumentare delle aree interdette al pascolo, aumentano i chilometri da coprire per spostarsi da un posto a un altro. Pecore più deboli e agnelli soccombono facilmente.
Se una pecora cade in un fosso, le altre la seguono e si ammassano una sull’ altra fino a soffocarsi e stritolarsi a vicenda.
Diserbanti e trattamenti sono veleni che restano attaccati alla terra e possono intossicare gli animali.

Alcune famiglie sono rimaste unite tramandando il mestiere di padre in figlio e grazie al numero, riescono a sopperire al bisogno di manodopera. Altre famiglie si sono polverizzate nella civilizzazione, attratte dalla fabbrica, dallo studio, dalla prospettiva di una vita tranquilla.
Un pastore da solo è obbligato a fermarsi o ad assumere personale. Il personale disposto a lavorare nelle condizioni precarie che questo mestiere impone e ai prezzi che i pastori possono permettersi di pagare è prevalentemente formato da extracomunitari e si ferma quel tanto di cui ha bisogno per trovare un altro lavoro e poi svanire o tornare con denunce di sfruttamento di manodopera in nero e altre accuse costose da riparare, difficili da evitare.

Un mondo stanziale non è più in grado di comprendere la fame di erba delle ultime greggi transumanti che attraversano la civilizzazione.
Il pastore vagante percorreva vie di transumanza che vedevano passare decine di migliaia di erbivori ogni anno, in autunno verso la pianura e in primavera verso i monti. Queste vie sono amputate in più punti e costringono gli ultimi pastori a inventare soluzioni che gli permettano di superare le aree ostili. La soluzione più semplice è sospesa sul rapporto umano, finché un pastore ha come meta un pascolo dove sa di essere ben accolto è tutto in discesa. Negli anni si creano legami simili all’amicizia e tutto va bene. Non sempre è così, ci sono aree dove un pastore è atteso tutto l’anno e quando arriva gli si va incontro con un termos di caffè bollente ogni mattina e altre dove lo stesso pastore è atteso dietro finestre socchiuse prontamente sbarrate appena lui vi rivolge lo sguardo. Lì non si aspetta altro che lui esca dal binario per volargli addosso con tutte le ragioni del mondo e con un’acredine covata per mesi. Le aree ostili si allargano e incancreniscono aumentando il disagio di questi spostamenti con denunce e dissapori.
Non intendo sostenere che ogni pastore vagante sia un esempio di correttezza e buone maniere. Facile che non lo sia. Facile che tra loro ci siano dei veri criminali che approfittano della mobilità insita nella loro vita quotidiana per compiere le peggiori nefandezze. Tali nefandezze sono in genere pascolo su terreno altrui senza autorizzazione del proprietario, abbandono di pecore morte lungo la strada, ostruzione del traffico, imbrattamento del manto stradale; alcuni vanno sistematicamente fuori misura per ognuno di questi capitoli, altri sforano e poi rientrano nei ranghi. Può succedere che le pecore lasciate in un recinto vicino alla ferrovia, escano dalla rete andando a ostruire i binari. Se il macchinista tira dritto, il danno sono le pecore morte e la storia finisce lì. Se il macchinista ferma il treno e si aspetta personale in grado di tirare via tutte le pecore spiaccicate dai binari, il ritardo del treno va ad aggiungersi al danno della perdita di animali e si tratta di multe oltre l’immaginazione.
Il pastore che si sposta con il gregge è da guardare in fotografia e nei documentari, trovarsi alle sue spalle mentre attraversa un ponte impiegando dieci minuti a far scorrere il suo fiume di pecore, fa andare in bestia ogni civile cittadino.
Gli animali sporcano, gli animali puzzano, gli animali muoiono. Allevare e macellare sono attività di altri tempi. La carne, i pochi che la mangiano ancora, la trovano impacchettata in candide vaschette esposte in enormi frigoriferi illuminati al neon. La carne di pecora la mangiano prevalentemente gli extracomunitari e se ne riforniscono da circuiti da loro organizzati.

Il pastore fa il suo giro (Una vita diversa) di Lorenzo Chiabrera su Vimeo.

Per millenni l’uomo è vissuto con i suoi animali, li ha seguiti e ha adeguato i suoi ritmi a quelli del bestiame che gli dava da vivere. I pastori che vediamo d’estate nelle giornate di sole a guardare greggi assopite ruminando, passano l’inverno nella nebbia e nel traffico e le notti di tempesta con il pensiero di come saranno gli animali l’indomani.
Le vie non ci sono più, il commercio è difficile, multe, documenti e denunce di ogni amante degli animali sono gli ingredienti della distruzione di un mestiere che è in via di estinzione.
Ogni pastore incontrato, per quanto allegro e ironico, mi ha lasciato addosso l’amaro di una malinconia di fondo. Nessuno di loro potrebbe mai svolgere un altro mestiere. Ognuno di loro nella sua montagna è un signore. Ognuno di loro con l’ingiallirsi dell’erba si commuove della bellezza del tramonto e rabbrividisce al pensiero dell’inverno, anche quelli che d’inverno hanno una stalla in pianura dove riparare il proprio gregge.
Siamo piccoli esseri che camminano su due gambe e non hanno neanche una pelliccia per difendersi dal freddo, la nostra esistenza è un istante e le nostre azioni lasciano segni molto più effimeri di quello che crediamo. L’epoca in cui le montagne erano abitate e vissute in ogni angolo è stata un attimo fa e gran parte delle immani opere che hanno reso quelle montagne abitabili sono già quasi un ricordo. Le belle praterie punteggiate di mandrie e greggi al pascolo sono un paesaggio legato all’ attività umana. Se la foresta avanza è perché l’attività pastorale non è sostenibile in questa economia. Il lupo è tornato perché prima c’era. Il lupo delle Alpi è un animale da foresta. Sì, c’è anche il lupo, ma qual è il lupo? Quello con le zanne da cui bisogna guardarsi d’estate? O quei mille senza zanne che possono attaccare in ogni momento sotto le più fantasiose spoglie?

È con affetto che ho salutato i tanti pastori che ho incontrato su questa strada, ed è con l’impressione di aver avuto la fortuna di incontrare eroi di antichi miti che mi siedo davanti a questo foglio e penso a loro. Può essere che un giorno le loro capacità e conoscenze tornino ad essere necessarie. Temo che quel giorno loro non ci saranno più e che altri uomini dovranno riscoprire da zero ciò che è arrivato fino a qui tramandato da generazioni su generazioni.

guerriglia di pastori, cani e lupi.

2016 08 24 Katrin Benz
Pastora
Vacherie de Saint Saveur

Katrin Benz, pastora tra Ubaye, Mercantour e Provenza.
Katrin Benz, pastora tra Ubaye, Mercantour e Provenza.

– La nebbia era tale che, solo fidandomi della memoria dei miei piedi, potevo azzardarmi a raggiungere il gregge. Ero scesa a far commissioni e stavo rientrando a notte fonda. Per fortuna potevo contare su Benoit che quando si rendeva conto del pericolo restava con le pecore, senza che nessuno dovesse dirglielo.
La frontale illuminava un metro davanti a me e le gocce sospese riflettevano un fascio di luce bianca tutto dove guardavo impedendomi di vedere cosa ci fosse davvero. In mezzo alle rocce a sinistra del sentiero ho sentito uno strano ululato, non era potente come quando i lupi cantano, sembrava strozzato come un tentativo di ululato. Ho puntato la pila nelle rocce pensando che fosse Benoit che mi faceva uno scherzo e non ho visto niente ma ne è partito un secondo e poi un terzo. Il più vicino non poteva essere arrivato da più di un metro dal mio orecchio e quel furbetto continuava a non farsi riconoscere. Gli ho tirato una pietra e si è zittito ma dopo tre passi l’ho risentito alle mie spalle.
– beh, se proprio si sta divertendo, io non mi sto divertendo per niente.

Katrin sale al pascolo con l'acqua da bere nello zaino e i cani intorno. L'erba è già secca e l'acqua scarseggia dappertutto. Lei sorride alle difficoltà e le affronta con determinazione e serenità. Con dieci litri d'acqua lo zaino pesa, dieci litri di acqua servono per bere e cucinare alla capanna che si trova a un'ora di cammino dalla sorgente più vicina.
Katrin sale al pascolo con l’acqua da bere nello zaino e i cani intorno. L’erba è già secca e l’acqua scarseggia dappertutto. Lei sorride alle difficoltà e le affronta con determinazione e serenità. Con dieci litri d’acqua lo zaino pesa, dieci litri di acqua servono per bere e cucinare alla capanna che si trova a un’ora di cammino dalla sorgente più vicina.

Ho raggiunto il gregge e Benoit era lì nel suo saccopelo infilato dentro un sacco di plastica -non era lui a fare quegli ululati smorzati- che cercava di dormire sotto la pioggia sempre più fradicia. L’ho imitato andando a mettermi dall’altra parte del gregge. Ogni tanto i cani abbaiavano svegliandoci, puntavamo le pile nella loro direzione e vedevamo i lupi scappare ma appena la pioggia mollava, tornavano. Quando erano lontani ululavano e alcune delle loro voci erano come quella che avevo sentito nelle rocce. Non era uno scherzo! Ogni volta che si avvicinavano li respingevamo ma in una notte così non sai cosa può succedere, possono uccidere delle pecore ma possono anche uccidere i cani e finchè non c’è stata abbastanza luce per contarli, ho continuato a temere per loro. Per fortuna a una certa ora diventa sempre giorno ma abbiamo dovuto rimanere lì a turno senza lasciarle mai, non è stata presa neanche una pecora.

– Ecco, ci hanno messo il lupo nero e noi dobbiamo dar da mangiare al lupo bianco per tenerlo a bada.
Quando arrivano in branco sono terribilmente furbi, si mettono d’accordo e sono capaci di istigare un cane per volta portandolo fuori tiro dagli altri per ucciderlo. L’anno scorso ne ho perso uno che non era ancora esperto e non ha avuto il tempo di diventarlo. Altre volte richiamano l’attenzione di tutti i cani su un lato del gregge e intanto uno o due di loro si occupano delle pecore sull’altro lato.
Non è così semplice come dicono, qui ogni volta che salta fuori una nuova astuzia, bisogna trovare il modo di combatterla. Ogni giorno è guerriglia.

– Finchè siamo quassù nel pulito è facile tenere sotto controllo tutto il gregge, mettendosi in un buon punto di osservazione lo si vede tutto. A settembre scendiamo a mangiare l’erba della montagna bassa che è tutta nel bosco. Lì non si vede mai bene tutto e la nebbia non si fa attendere, se manca un paio di pecore non te ne accorgi finché non vai a cercare proprio quelle lì e magari sono state mangiate un paio di settimane prima in un vallone inaccessibile. Là sotto non si vede niente. Le perdi e basta e non puoi neanche richiedere i risarcimenti perché se non c’è il cadavere appena ucciso nessuno è in grado di accertare che una certa pecora è stata uccisa proprio dal lupo e se non trovo i resti, sono io che non sono capace di fare il mio mestiere.

Katrin e Sarah sistemano l'equipaggiamento dei cavalli prima di affrontare la parte più selvaggia del sentiero che porta alla Vacherie in un'ora di boschi, rii e praterie
Katrin e Sarah sistemano l’equipaggiamento dei cavalli prima di affrontare la parte più selvaggia del sentiero che porta alla Vacherie in un’ora di boschi, rii e praterie

Queste storie Katrin me le raccontava mentre mangiavamo il ratatouille in scatola scaldato sul fornello della capanna alta, proprio sotto la vetta di Mont Saint Saveur.
Katrin è uno spirito libero, nessuno la imbriglierà mai, vive con gli animali da sempre e sia con loro che con le persone si comporta con rispetto. È il rispetto in persona e questo la rende una donna libera.
Raccontava queste storie ridendo della fatica e dell’assurdità della sua situazione. Lei sa di essere come il lupo e come la pecora e ama le sue pecore ma ammira anche i lupi da cui deve difenderle, i suoi cani sono per lei amici preziosi e l’idea di perderne anche uno solo le fa mostrare i denti a chiunque voglia portarglielo via.
È una delle persone più sensibili e forti che io abbia mai incontrato, quelle montagne che nutrono i suoi cavalli e le sue pecore sono parte di lei e sono scoscese e selvagge.

Katrin e Isotta di fronte alla valle della Tinèe. Se tiri una pietra dalla Vacherie, è probabile che arrivi direttamente nel fiume che scorre quasi duemila metri più in basso, per arrivare qui c'è un sentiero segnato solo dal passaggio delle mandrie che pascolano quassù, percorso a testa alta dai lupi, da Katrin e dai suoi cavalli. Da qui si vede il mare, sono le Alps Maritimes!
Katrin e Isotta di fronte alla valle della Tinèe. Se tiri una pietra dalla Vacherie, è probabile che arrivi direttamente nel fiume che scorre quasi duemila metri più in basso, per arrivare qui c’è un sentiero segnato solo dal passaggio delle mandrie che pascolano quassù, percorso a testa alta dai lupi, da Katrin e dai suoi cavalli. Da qui si vede il mare, sono le Alps Maritimes!

ps: lo stato francese, conscio del fatto che i lupi sono una ricchezza e un problema concede ai pastori diversi aiuti per affrontare la situazione.
Ogni pastore può scegliere due tra i seguenti aiuti:
– reti per costruire i recinti per il ricovero notturno delle greggi
– l’80% dello stipendio di un pastore dipendente che aiuta a guardare gli animali
– cani da guardiania
Katrin ha scelto di farsi aiutare da una persona e di richiedere le reti per i recinti. I cani preferisce sceglierli e allevarli lei come ha seempre fatto.