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Il lupo c’è anche se non si vede

2016 08 10 Stefano Polliotto
Carrozziere di mestiere, fotografo naturalista di anima e corpo.

Stefano Polliotto
Stefano Polliotto

Il padre era cacciatore, da quando era piccolo è sempre andato a cercare gli animali con lui, un giorno ha preso una reflex di quelle abbordabili, una Yashica con l’obiettivo di 35mm ed è andato da solo a cercare cervi. Per fotografare i cervi senza farli scappare con quel l’obiettivo ha dovuto affinare tutte le capacità apprese dal padre negli anni. Con il tempo si è procurato attrezzature professionali ma quell’abilità di nascondersi ai selvatici è quella che gli permette anche adesso di avvicinarsi ai lupi senza che se ne accorgano.
I primi video li ha girati nel ’91 sul bramito del cervo, dal ’93 ha cominciato a trovare zampe e pezzi di carcasse, pensava che fossero opera di cani reinselvatichiti. Solo nel ’97 si è saputo che i lupi erano tornati e ha iniziato a cercarli.
L’equipaggiamento che si porta dietro nelle sue uscite consiste in telecamera, ottiche, cavalletto e viveri e pesa tra i 14 e i 15 chili.
Suo padre non è più cacciatore ed è in pensione e adesso si diletta ad occupare il suo tempo libero andando in avanscoperta in cerca di lupi mentre lui è in carrozzeria a lavorare.

Un vento che porta via, gli ultimi aghi dei larici si staccano in un baluginare dorato, la foresta lascia scoprire il panorama che ha nascosto per tutta l’estate, il rumore dei rami che fischiano e sbattono copre anche quello dell’autostrada che corre nel fondovalle ottocento metri più in basso.
Un capriolo con la coda controvento sta immobile e aspetta che tutto si calmi. Pochi metri più in là un lupo sta seduto e aspetta che tutto si calmi. Sopra di loro Stefano riprende la scena e non si muove neanche lui. Colori della terra: oro, bronzo, marrone, argento e grigio. Colore del cielo: azzurro quasi blu.
Passi di due persone che parlano ad alta voce con zaini e vestiti variopinti solcano il sentiero sottostante ed escono di scena. Il capriolo li segue con lo sguardo e sta lì, il lupo anche, loro non sapranno mai quanti esseri li hanno guardati mentre passavano.
Un vento che porta via. Gli esseri animati immobili, solo i loro peli arruffati fanno capire che non sono statue, gli alberi in un continuo ondeggiare e sbattere.

Quattro gennaio millenovecentonovantotto, risalivo dal Puy e mi tenevo in cresta perchè ero arrivato fin lì senza racchette nè ski e negli avvallamenti la neve era troppo morbida per tenermi a galla. In un attimo sono apparsi e scomparsi diciotto cervi al galoppo in salita che risalivano da quel vallone lì davanti. Dietro di loro c’erano tre lupi. Sono passato di corsa proprio da qui per aggirarli e riprenderli ma sopra al lago si sprofondava e sono finito nella neve fino alla cintura. Alcune immagini erano rimaste intrappolate nella telecamera, sono tornato giù e non ho detto niente a nessuno per qualche giorno prima di decidermi.
Nei primi anni li ho visti tre o quattro volte all’anno con una media con cento, centoventi uscite, nel 2008 una ventina di volte. Nell’estate 2010 avevo trovato il rendez-vous dove sono cresciuti i cuccioli e li ho visti quasi ogni volta che sono uscito. Quell’estate ne erano nati nove: uno sproposito, li ho seguiti fino all’inizio del 2011 ma erano sempre di meno, due sono finiti sotto a delle auto, altri cinque uccisi o avvelenati, di due si sono perse le tracce, poi non ho più trovato neanche gli esemplari alpha. Solo più uno rispondeva agli ululati ma era un verso disperato, probabilmente era la femmina perché dal 2013 è arrivato un maschio dalle Marittime e la nuova coppia ha formato il nuovo branco.

Territorio di caccia
Territorio di caccia

Quell’inverno ero sulle tracce di un lupo che viaggiava spedito con una meta precisa e l’ho trovato che scavava sotto le pietre di fronte a una postazione per cacciatori a vista di un’altana. Sotto quelle pietre c’erano i resti di un altro lupo a cui erano stati portati via testa e coda e di cui nel giro di poco sarebbe rimasto ancora meno.

Mi è sempre piaciuto riprendere animali difficili da avvicinare, il cervo all’inizio era difficile, adesso mi capita che inseguendo le tracce dei lupi mi trovo a passare attraverso il branco, loro non si spostano neanche e non mi fermo neanche a fotografarli. I lupi li ho trovati ma continuo a cercarli credo che sia il loro sguardo a catturare. È uno sguardo diritto che ipnotizza. È intelligente e difficile da vedere e sorprendere.

Penso che sia arrivato spontaneamente di valle in valle, se lo avessero messo si sarebbe spostato, con gli spostamenti che è in grado di fare e con la testa anarchica e imprevedibile che si ritrova, non credo che si possa dire a un lupo dove stare e cosa fare.

Era agosto, poteva essere il 2000, c’era una di quelle serate culturali per i villeggianti di Oulx e c’erano fior fior di professori che parlavano del ritorno del lupo e di come si stavano modificando gli equilibri della fauna selvatica. I mufloni, introdotti da cacciatori e insediati sullo spartiacque tra Val di Susa e Val Chisone erano in precipitoso aumento quando non avevano predatori ma essendo molto mansueti e originari della Sardegna dove non avevano mai dovuto preoccuparsi di altro che dei cacciatori, avevano subito per primi un’evidente decimazione. I caprioli si erano abbassati di quota ed erano diventati molto più schivi. I cervi continuavano a fare i re della foresta ma anche loro avevano dovuto imparare a spostarsi di più.
Dati e discorsi si alternavano con video commentati personalmente da Stefano che aveva passato due inverni in cresta riprendendo i lupi e da quando sono arrivati non ha mai smesso.
Forse quella sera è cominciato questo viaggio. Ho capito che molte volte il lupo mi aveva vista senza che io lo vedessi e che se avessi mai incrociato il,suo sguardo, lui sarebbe scappato come un’ombra.

Quando il lupo era estinto da anni, sulla neve sono ricomparse le sue tracce

2016 08 09 TERESIO Guiffrey

Borgovecchio di Bardonecchia

TERESIO Guiffrey, pisteur di Melezet da anni dopo anni di innevamento in tutti gli angoli delle piste di Bardonecchia. Con gli ski vola ovunque, con il cuore macina tutto quello che vede. Non era possibile che fossero tracce di lupo, si è estinto in questa valle da più di settant'anni.
TERESIO Guiffrey, pisteur di Melezet da anni dopo anni di innevamento in tutti gli angoli delle piste di Bardonecchia. Con gli ski vola ovunque, con il cuore macina tutto quello che vede. Non era possibile che fossero tracce di lupo, si è estinto in questa valle da più di settant’anni.

Cresta Seba. Prima che ci fossero i gasex, andavamo a tagliare le slavine con gli ski ogni volta che nevicava e negli ultimi anni ho cominciato a vedere le tracce. Ci avrei giurato che era un lupo. Non ho mai visto cani a quell’altezza in quella stagione. È successo quattro o cinque volte in due o tre anni. Può sembrare poco. Quando la neve fa crosta o è ventata, non le puoi vedere ma non è detto che non siano passati. Quando nevica tanto su quel versante della montagna i camosci si alzano ed è facile vederne una colonia che rumina nell’erba gialla dopo che il manto nevoso è scivolato ammucchiandosi più in basso.
Facendo l’innevamento per anni ho lavorato di notte ma ho sempre visto solo le tracce. È schivo e attento. Sa scomparire come un fantasma.
Nessuno ammetteva la sua presenza. Una mattina ritirando i cannoni, abbiamo trovato una carcassa di capriolo al bivio della cappellina: sangue nella neve, stomaco intatto e peli. Hanno continuato a dire che non poteva essere stato il lupo.

Incontro alla bergeria.
Sette o otto anni fa stavamo rientrando da un giro in bici prima di andare a lavorare. Un lupo stava seduto a monte della bergeria e guardava i movimenti sottostanti nonostante i cani che non si erano accorti della sua presenza.
– guarda che volpe!
– Non può essere una volpe.
A duecento metri da lì il rumore dei freni lo ha allertato e nel tempo in cui il rumore gli è arrivato alle orecchie era già sparito.

Agilità.
Sulla strada che scende dal col della Scala, casotto della vecchia frontiera, salivo in bici andando a lavoro e loro scendevano venendomi incontro trotterellando. Un incrocio di sguardi ed erano già volati oltre le terre armate.

storie di cani e di pastori

2016 08 08 Gianfranco Careddu
Guardiaparco Orsiera Rocciavrè

Gianfranco è arrivato alle Tanze con Luca Giunti ed Elio Giuliano. Stava zitto e attento, ogni tanto spostava la macchina fotografica, poi tornava ad ascoltare. Quando il discorso è scivolato sui cani da guardiania, è stato Luca ad interpellarlo, altrimenti nessuno si sarebbe accorto di quanto fosse coinvolto da questo argomento. Questa è la minima parte di quello che ha raccontato.
Gianfranco è arrivato alle Tanze con Luca Giunti ed Elio Giuliano. Stava zitto e attento, ogni tanto spostava la macchina fotografica, poi tornava ad ascoltare. Quando il discorso è scivolato sui cani da guardiania, è stato Luca ad interpellarlo, altrimenti nessuno si sarebbe accorto di quanto fosse coinvolto da questo argomento. Questa è la minima parte di quello che ha raccontato.

I cani sono l’unico strumento valido per la difesa del bestiame. Chi ha sempre fatto prevenzione, ha avuto meno difficoltà ad adattarsi al ritorno del lupo. Sono stati i primi ad avere i cani e a gestirli bene. Il mestiere dei maremmani è proteggere il gregge, conosce le pecore di cui è responsabile e loro conoscono lui.
Quando il pastore vuole che il cane protegga sia il gregge che la casa, si rischia che diventi mordace e che si disinteressi sempre di più al gregge.
C’è chi prende il cane per dimostrare che non serve, lo abitua a mangiare a casa, gli concede di allargarsi e in un attimo lo convince di essere lui a dettare le regole. Quei cani diventano ingestibili.

L’ideale quando si affida un cane a un pastore è
– trovare quello più adatto a lui. Ogni cucciolo ha un suo carattere.
– La socializzazione con il gregge, solo il pastore può fare in modo che avvenga in modo che le pecore si sentano protette e il cane responsabile.
– Un cane che non attacca briga con il lupo e non lo insegue ma lo mette in fuga. I lupi sono furbi e più di una volta è successo che uno o due elementi del branco attirassero i cani lontano dal gregge stuzzicandoli e facendosi inseguire mentre gli altri cacciavano indisturbati. Un cane che attacca il lupo, se riesce a cavarsela riporta comunque delle brutte ferite che devono essere medicate e mentre lui è in cura, il gregge rimane incustodito o ha meno cani a proteggerlo.

4 STORIE

L’aquila.
In pieno giorno l’Aquila si è abbassata sul gregge e ha portato via un agnello. Il suo volo era appesantito dalla preda e non riusciva ad alzarsi. Il pastore ha visto il maremmano partire con grandi balzi cercando di portarle via l’agnello. Non c’è riuscito perchè lei è riuscita ad alzarsi abbastanza da impedirgli di raggiungerla. In lontananza l’ha vista mollare la preda per la fatica di volare con un peso così grande tra gli artigli. L’agnello non lo ha più ritrovato ma l’Aquila non è più tornata.

La ciotola
Un pastore aveva preso il cane e se lo era portato a casa. Prima di metterlo con il gregge voleva abituarlo a sé e alla sua famiglia. Lo ha sempre portato a casa per dargli da mangiare e lo ha curato in tutti i modi. Quel cane non ne voleva sapere di stare con le pecore. Ogni volta che riusciva tornava a casa e ogni volta che capitava scappava facendo danni nei pollai di altri agricoltori. Non era per niente contento. Quel cane doveva tenerlo legato alla catena, non faceva altro che abbaiare a qualunque anima di passaggio e mangiava come un lupo.

In mezzo alle pecore sembra quasi una pecora
Un altro pastore dello stesso paese aveva ottenuto l’assegnazione di un cane per il suo gregge lo stesso giorno. Lo aveva subito portato dalle pecore e gli aveva dato da mangiare in un punto sopra il gregge da cui vedeva tutte le pecore e loro vedevano lui; poi lo aveva lasciato nel recinto con loro. Da quando quel cane è con le sue pecore, non ha più avuto attacchi, sta sempre con loro con qualsiasi tempo è quasi non lo riconosci in mezzo al gregge.

La luna
Era notte, saranno state le due e la luna era enorme. I cani hanno cominciato ad abbaiare e sono uscito a guardare. Lui si è seduto da una parte del gregge, poi un po’ più in là, poi dall’altra parte. Guardava anche lui. Appena si avvicinava troppo i cani si facevano sentire. Se n’è andato. È naturale!

Veleni. Pratica vigliacca.

2016 08 05 Gianabele e Luna
Guardiaparco del Parco di Avigliana e componente della squadra antiveleni delle Alpi Occidentali e il suo cane da traccia.
Caprie

Gianabele lavora nei parchi dall’Ottantotto, Po alessandrino a Valenza, Avigliana e Po torinese. Nel 2008 ha collaborato nella gestione del rifugio Barbara per due amici collegati come lui all’ambiente dei parchi.
Luna è un épagneul bretone, nata nel 2013, sembrava la più mansueta della cucciolata di suo suocero che era cacciatore. Ha cominciato l’addestramento a sette mesi non è così precisa ma non mangia quello che trova, il suo fiuto è eccezionale. Si ferma lì, si siede e aspetta.
I cani utilizzati a questo scopo vengono scelti in genere tra quelli addestrati da ricerca, ma la ricerca è rivolta a sostanze diverse: droga, selvaggina, vittime di valanghe.
Un cane della squadra antiveleno deve segnalare ogni sostanza alimentare: carne morta e resti ossei. Lei ha imparato ad avvicinarsi e sedersi lì vicino, altri sono addestrati per chiamare abbaiando. Per me questo sistema ‘silenzioso’ è comodo perché preferisco non fare troppo spettacolo quando cerchiamo i bocconi. Appena si sparge la voce che siamo all’opera, saltano sempre fuori molte distrazioni. Con lei posso arrivare sul posto indicato dalla segnalazione, farmi un’idea di cosa c’è, impacchettare quello che Luna ha trovato e cercare solo alla fine la persona che ci ha chiamati. Ormai è fatta, mancano solo le notizie.
L’abbaio inoltre dà eccitazione e aumenta il rischio che il cane arrivi ad assaggiare la sostanza che ha trovato. I cani della squadra antiveleni rischiano la vita ogni volta che escono. Succede che muoiano per aver assaggiato bocconi avvelenati. Le esche sono allettanti e pericolose.

I bocconi avvelenati sono una pratica ricorrente per diverse ragioni. C’è chi, infastidito dal cane del vicino, mette bocconi mirati a vendicarsi. C’è chi, infastidito dalla volpe o dalla faina che attaccano il suo pollaio, le elimina in questo modo. Ci sono i bracconieri che per missione decidono di far sparire il lupo: loro devono organizzarsi bene, il lupo è difficile da ingannare, l’odore umano lo insospettisce e non si fa commuovere da piccole quantità. I casi di contrasto al lupo si riconoscono dal l’abbondanza di carne disponibile e dalle quantità di veleno. L’anno scorso in un caso di questo genere abbiamo trovato in un’unica zona 18 Bocconi da mezzo chilo, sono tantissimi. Avvicinandoci al lupo avvelenato siamo entrati in un’area lugubre: prima un aquila, poi un corvo, persino un ramarro era rimasto vittima di quel l’unica azione contro il lupo, una volpe era morta con la testa nella tana e la coda fuori. Il veleno non è selettivo e in genere va a colpire individui giovani e inesperti che non diffidano ancora abbastanza dell’odore umano. Tutti gli altri carnivori che passano di lì e assaggiano ignari le esche disseminate in abbondanza, ne restano vittime. È una pratica vigliacca, forse è più dignitoso sparare.

Vedere con sguardi diversi per trovare una soluzione

2016 08 04 Luca Giunti
Guardiaparco del Parco Orsiera Rocciavrè
Bussoleno

Luca si occupa di lupi da quando sono arrivati. Per anni le sue ricerche sul campo si sono alternate a ricerche di bibliografia per capire e poter comunicare il motivo per cui il ritorno di questo predatore desta posizioni così opposte nelle persone. Si è trovato a raccontare quello che aveva scoperto a un pubblico sempre diverso. Abbiamo parlato a lungo di molte cose mentre passavo da Bussoleno, questa è solo una minima parte dei suoi pensieri.

In questa foto si vede Luca così come è, tra le sue mani c'è un lupo ucciso dai bracconieri. È pubblicata sul calendario 2017 del Parco delle Alpi Cozie. Non sono stata capace di fargliene una che raccontasse così tante cose di lui e preferisco mostrarlo così.
In questa foto si vede Luca così come è, tra le sue mani c’è un lupo ucciso dai bracconieri. È pubblicata sul calendario 2017 del Parco delle Alpi Cozie. Non sono stata capace di fargliene una che raccontasse così tante cose di lui e preferisco mostrarlo così.

‘È più ricco dell’imperatore perché mette sul suo desco cibi non comprati’ -Virgilio-

Il lupo ha moduli di comportamento vicini ai nostri: socialità, territorialità e dispersione. Sull’ambiente alpino ha funzione positiva è negativa insieme: la riduzione della pressione del cervo sulla ricrescita del bosco è un vantaggio, gli attacchi al bestiame domestico sono uno svantaggio. È la goccia che fa traboccare il vaso ed è anche un nemico epico. Fare la voce grossa a proposito del lupo permette di farsi ascoltare su tutto il resto.

Per gli allevatori il danno non può essere pareggiato dal punto di vista economico. L’allevamento di montagna che è sempre stato marginale, lo è sempre di più, soprattutto quello ovino. La lana che sarebbe una risorsa, deve essere smaltita come rifiuto; oltre al periodo pasquale la carne la comprano quasi solo i musulmani.
L’assistenzialismo non è una soluzione perché aumenta il divario tra la società e il mondo dei margari. Per mantenere continuità delle tradizioni e adeguarsi al progresso, occorre istruzione. Frequentando la scuola ed entrando in contatto con realtà diverse da quelle in cui sono nati, i giovani margari potrebbero concepire il loro mestiere in maniera più ampia, adesso non è così, la maggior parte di loro, al di fuori del loro mondo sono fuori dal mondo. Il rischio che si affezionino a modelli urbani e perdano interesse per la vita con gli animali è una necessità.
La capacità imprenditoriale di un allevatore che oltre a raccogliere il latte, lo lavora e vende i suoi prodotti in alpeggio, gli porta benefici che vanno oltre al vantaggio economico. Lo scambio di merci è collegato all’incontro con persone che vengono da lontano, hanno vite diverse e prendono, oltre al formaggio o al burro, anche il senso della passione per la vita con gli animali e della durezza della vita all’aria aperta. Tutti quegli alpeggi che passano dalla produzione di latte a quella di carne, perdono qualcosa e sono sempre di più.

Lealtà verso i suoi simili e collaborazione nella caccia con il branco sono modelli che affascinano e fanno apparire venerabile il lupo da chi non lo ha mai visto e mai avrà ragione di confrontarsi con lui. Famelico e assatanato sono aggettivi che lo descrivono meglio di ogni altro per chi vede l’altra sua faccia.
Il lupo è entrambe le facce. Non recita e non si impegna. È così e basta. Fare di lui un mostro è un errore, fare di lui un eroe è un errore identico. Lo scambio tra realtà diverse potrebbe permettere a chi lo vede in un modo o nell’altro di accorgersi che nessuno dei due modi è quello vero e a prendere posizioni meno drastiche.

Il parco ha messo il lupo e noi dobbiamo togliere le pecore

2016 08 02 Gilles Mestrallet di Termignon
Col du Moncenis

Per incontrare Gilles Mestrallet mi sono fermata all'alpeggio Vachere. La famiglia che lavora qui è proprietaria da quattro generazioni. Uno dei figli è rimasto sotto una valanga poco lontano da qui facendo soccorso alpino con gli ski. - è la natura Il ritorno del lupo non è naturale. Il lupo non ci deve essere, soprattutto questi lupi artificiali.
Per incontrare Gilles Mestrallet mi sono fermata all’alpeggio Vachere. La famiglia che lavora qui è proprietaria da quattro generazioni. Uno dei figli è rimasto sotto una valanga poco lontano da qui facendo soccorso alpino con gli ski.
– è la natura
Il ritorno del lupo non è naturale. Il lupo non ci deve essere, soprattutto questi lupi artificiali.

Allevatore di bovini e caprini. 150 tra manze e vacche e 150 capre. Possiede una trentina di pecore ‘du tonne et marteau’ di cui è il figlio a occuparsi perchè lui, da quando è tornato il lupo e tante cose sono cambiate, non ne vuole più sapere delle pecore. Dall’età di otto anni ha sempre fatto il pastore, prima d’estate presso gli zii che avevano dieci vacche da latte e duecentocinquanta pecore con gli agnelli, poi con il padre all’alpeggio dell’Arpon dove la sua famiglia estiva da quattro generazioni. Insieme alle pecore hanno sempre tenuto cinque o sei vacche per il latte e il formaggio e si scendeva con i muli per venderlo. È arrivato a tenere fino a settecento pecore e sette o otto vacche in stalla e in alpeggio, nella stagione invernale faceva il pisteur sulle piste da ski. A questi animali la moglie ha voluto aggiungere cinque capre di cui si è sempre occupata lei per produrre anche formaggio di capra, all’inizio mungeva a mano e adesso sono 150. In alpeggio c’è un pastore con duemila pecore delle stalle di pianura.
Gilles e la moglie hanno il caseificio e il negozio a Termignon, lui sale due volte al giorno in alpeggio a mungere è una volta alla settimana va a vendere il formaggio in Tarantaise ad altri caseifici.

Non ho mai accettato il ritorno del lupo, nel 2003 i lupi si sono presi ottanta pecore.
I cani da guardiania sono delle nullità, causano solo problemi con i turisti, scappano e pensano solo a mangiare. Se non ci fossero i lupi, non ci sarebbe bisogno dei patou. In vent’anni a Termignon da quattromila a settecento pecore. Le pecore impaurite e guardinghe producono di meno, aumentano i costi perchè bisogna potersi permettere un pastore e i patou. Radunando il bestiame in recinti vicino alle case per tenerli al sicuro di notte, il terreno super pascolato, pestato e coperto di deiezioni viene invaso dalle erbacce e si rovina. Le mucche non possono pascolare negli stessi posti delle pecore, togliendole molti posti vengono invasi da vegetazione pioniera e i pascoli più ripidi diventano macchie impenetrabili dove il lupo si nasconde e prolifica ancora di più. O il lupo o le pecore, non possono coesistere.

Questi lupi non sono tornati da soli, sono stati portati e sono incrociati con i cani. Il vero lupo attacca un solo animale di notte lontano dai paesi, questi sono domestici, vengono vicino ai paesi, uccidono tanti animali. A Termignon hanno preso una cerva rincorrendola per le vie del paese.
Gli accertamenti non arrivano subito, se gli avvoltoi e i gipeti arrivano prima del l’accertamento fanno sparire le tracce e non arrivano neanche i risarcimenti. Il gipeto lo hanno messo loro. Prima il gipeto e poi il lupo.

Il ritorno del lupo fa male perché ha diviso molto.
Nel 2004 abbiamo fatto una manifestazione e ho portato tutte le pecore per bloccare la strada nazionale per sei ore. Quando le abbiamo portate via e messe a mangiare nei giardini pubblici, la guardia ha manifestato il suo dissenso ed è successo un putiferio. Per me quella era erba, per la guardia era un giardino e non siamo riusciti a metterci d’accordo senza arrivare allo scontro.
L’anno scorso c’era la riunione per la Carta del Parco. C’erano quattrocento persone nella sala delle feste e molti dissensi. Alle dieci e trenta gli agricoltori si sono alzati tutti insieme e sono usciti per poi rientrare tutti insieme e imporre di eliminare i lupi del parco. È arrivata la gendarmerie ma non è successo niente. Abbiamo portato da mangiare per tutti e siamo rimasti lì a discutere. Nessuno poteva bere alcolici per non degenerare.
Alle quattro di mattina sono andato a mungere è così dovevano fare anche gli altri. La sala si è svuotata e il personale del Parco è stato rilasciato.

Nel parco c’è gente in gamba ma vengono da fuori, hanno studiato, non sono sul terreno, non possono capire.
Il nostro lavoro non si impara a scuola, è legato a questo territorio. Se c’è un albero caduto sul sentiero che porta al pascolo, lo taglio, se c’è una frana che rende pericoloso il passaggio delle mucche, sposto le pietre, se c’è il lupo? Per poter lavorare devo eliminare quello che mi impedisce di farlo. Il lupo lo devono eliminare quelli che lo hanno messo.

I lupi arrivano da sud

I lupi arrivano da sud. Scendono dalla Nufenen in pieno inverno, quando la neve è gelata e la luna gli illumina la pista. Di giorno, quando la neve diventa morbida, si trovano un posto asciutto, si accucciano lì e dormono aspettando il gelo.
A febbraio lassù è un’autostrada per loro. Nessuna pietra che taglia i polpastrelli, la luce della luna diventa un faro e non c’è nessuno tranne loro e il vento.

Anche adesso lassù i nevai conservano un po' di inverno. Il terreno è irto di pietre e tra l'una e l'altra è facile incontrare 'sagne '.
Anche adesso lassù i nevai conservano un po’ di inverno. Il terreno è irto di pietre e tra l’una e l’altra è facile incontrare ‘sagne ‘.

2016 07 19 Yvonne Vênetz
Pfaffenegge

Scesa dal Nufenen Pass, cercavo un posto per fermarmi e la pietanza per Isotta. Il colle spettacolare, la valle davanti, il primo villaggio walser. Cammina. Cammina nella luce abbagliante, siamo arrivate qui. Mi aspettavo un ranch. Chi mi ha indicato questo posto, lo ha chiamato così. Un recinto, una tettoia di solidi tronchi, un’altra, una terza che tiene al riparo da foglie e gelo la fontana. Lì, tra alberi e tettoie c’è un tavolo con un mucchio di fiori di iberico e due barattoli già pieni di fiori immersi nell’olio. Dietro quel mucchio di fiori, Yvonne che continuava a dividere i fiori di iperidrosi dalle foglie che metteva in uno scatolone tra lei e il tavolo.
Non so come si scriva, da noi si chiama ‘truc a ram’, si fa con i fiori di iberico immersi in olio di oliva in barattoli che vengono esposti al sole ogni volta che c’è per un paio di mesi. Si usa per escoriazioni e scottature. Tutto il sole dei fiori finisce nell’olio e fa guarire.
Lei indossava una gonna a fiori e una maglietta a maniche corte, i capelli sciolti e un’aria così pacifica che sembrava che Isotta ed io non fossimo nel quadro.
Bevo il succo di frutta e mangio una fetta di torta di albicocche, intanto Yvonne continua con i fiori. Oggi era l’ultimo giorno di fieno, è tutto ritirato ed è venuto bellissimo.
Preparo un riso con gli ultimi funghi secchi e il mucchio di fiori è sempre più alto.

- Sono arrivata nel posto giusto? - Sì. Vuoi del succo di frutta? - Grazie! Ma prima è meglio se scarico la cavalla.  Un posto di cavalli senza cavalli, fiori dappertutto e un piccolo orto, le casette delle api lì dietro. Mi sistemo vicino a un albero morto in un punto del prato da cui si vede tutto e dove si capisce che i cavalli amano stare. Isotta butta la testa nell'erba e si distrae solo a tratti per capire di chi sono tutti quegli odori. Quando ha sete va alla fontana, quando si vuole grattare la schiena, si rotola.
– Sono arrivata nel posto giusto?
– Sì. Vuoi del succo di frutta?
– Grazie! Ma prima è meglio se scarico la cavalla.
Un posto di cavalli senza cavalli, fiori dappertutto e un piccolo orto, le casette delle api lì dietro. Mi sistemo vicino a un albero morto in un punto del prato da cui si vede tutto e dove si capisce che i cavalli amano stare. Isotta butta la testa nell’erba e si distrae solo a tratti per capire di chi sono tutti quegli odori. Quando ha sete va alla fontana, quando si vuole grattare la schiena, si rotola.

Yvonne ha lavorato per trent’anni in alpeggio, d’inverno guarda una ventina di cavalli qui e d’estate è sempre salita con mucche di altri allevatori che guardava e mungeva. È anche casara.
È il primo anno che non sale, è rimasta qui con le sue api e si occupa di loro mentre i suoi cavalli sono andati all’alpe con altri che, oltre a custodirli, li utilizzano per i trasporti.

– E hai avuto problemi con i lupi?
– No, nella valle da dove vengo ci sono da almeno quindici anni e girano proprio dove giro io. Non li ho mai visti, solo sentiti. Non credo che quelli che vivono qui si comportino in maniera diversa. Ma qui ci sono lupi?
– No, adesso non ci sono, scendono solo in inverno e non sempre. Un anno arrivano, stanno per un po’, poi se ne vanno o vengono uccisi. Non durano molto.
– Tu hai avuto problemi con i lupi su in alpeggio?
– No, in alpeggio non li ho neanche mai visti. Li ho visti qui. Uno l’ho trovato morto nel fosso prima del cancello, ma è stato tanto tempo fa. L’altro era vivo, così vivo che ha ucciso un capriolo sotto i miei occhi. Sono scesi giù in corsa dalla montagna, il lupo lo ha raggiunto e in un solo morso gli ha spezzato l’osso del collo e tagliato la gola. Un professionista.
– Era un maschio o una femmina?
– Non lo so.
Mentre mi diceva queste cose, si è messa a frugare negli armadi cercando qualcosa e ha tirato fuori una busta di carta bianca con le foto del capriolo abbandonato nella neve, della testa con il collo spezzato e della ferita sul collo. In un foglio di carta bianco piegato in sei, c’era un ciuffo di peli ruvidi e grigi.
– Lupo
Silenzio, raduna le foto e il ciuffo di peli nella busta.
– In India la giungla è sempre più piccola, la gente è sempre di più. Ci sono così tanti uomini e così tanti animali domestici che il selvatico è relegato in uno spazio sempre più ristretto. La priorità è salvaguardare gli uomini e il loro bestiame. La tigre non sa più dove andare, le poche che sopravvivono si trovano uno spazio al di là della civilizzazione, la conoscono, la evitano e cercano di sopravviverle.
– In Africa anche, ci sono sempre più persone e la vita per i grandi carnivori è sempre più difficile ma ci sono. Ogni mattina i watussi liberano il bestiame e ogni sera lo radunano in recinti vicino alle case.
– Qui l’ultimo lupo si era visto più di cento anni fa e allora si faceva così anche qui. Come adesso, anche allora ogni famiglia aveva pochi animali. Quando era ora che salissero in alpeggio, li si radunava e un pastore, pagato da tutte le famiglie di cui guardava gli animali, passava l’estate a custodirli. Adesso, dopo la lunga assenza dei grandi carnivori, queste persone si sono abituate a lasciare gli animali incustoditi. Non sono gli allevatori professionisti a risentire del ritorno del lupo e dell’orso, sono questi piccoli proprietari che svolgono tutt’altro mestiere e vivono in città, hanno alcuni animali e li lasciano a guardarsi da soli per tenere puliti piccoli fondi e non abbandonare una tradizione famigliare, senza contare i contributi che ricevono senza il minimo impegno.
– Gli animali domestici hanno bisogno di essere custoditi, non sono in grado di cavarsela da soli.
Il lupo lo ha visto, ai suoi animali non è successo niente.
– Qualche anno fa si era fermato un lupo che ha fatto molti danni sul bestiame. La richiesta di abbattimento era stata accettata e i cacciatori si sono messi di impegno per scovarlo. Li trovavi acquattati nei posti più impensati bardati di tutto punto. Quel lupo non si è fatto trovare, se n’è andato altrove. Niente trofei.
– Forse basterebbe ostacolarlo per tenerlo lontano dal bestiame. È un animale intelligente e se viene disturbato va a cercare un posto dove nessuno lo disturberà.

Una storia delicata

2016 07 07 Livio Costa
Guardapesca e guardiano della selvaggina. Val Poschiavo.

Livio Costa

Cinque o sei anni fa, quando i lupi hanno cominciato ad arrivare, se si trovavano carcasse di animali feriti di fresco si inviavano campioni di saliva per l’analisi del DNA allo scopo di monitorarne la presenza. Adesso si sa che animali in dispersione possono venire e fermarsi qui e nel momento in cui sono presenti si agisce.
La prima carcassa da cui è stata accertata la presenza del lupo era una cerva. È successo quattro o cinque anni fa. A vederla così non mi capacitavo di come un animale così forte e in forma potesse essere stato preso: è stata azzannata a quindici metri da dove stava dormendo. Abbiamo posizionato la fototrappola sul posto per vedere se tornava ma non si è più fatto vedere. Quel lupo arrivava dal Canton Ticino come quello che si è stabilito sugli alpeggi verso il confine italiano l’estate scorsa e che ha predato una ventina di capi di pecore solo al di qua della frontiera, quanti ne abbia presi di là non lo so, sicuramente aveva meno difficoltà di noi a passare da un paese all’altro. Non abbiamo nessuna immagine, nè foto dirette nè da fototrappola, esserci c’era, lo raccontano i danni che ha fatto e le analisi del DNA, il lupo è un ombra.
Quest’anno non è ancora capitato nulla, o perché le greggi sono salite tardi o perché quest’anno ha preso altre vie.

È più difficile proteggersi dall’orso che dal lupo, non ci sono azioni di disturbo valide tra quelle che si sono provate, l’unica sarebbe l’impiego dei cani da guardiania ma non incontra il favore degli allevatori. Mettere gli animali nel recinto elettrificato funziona finchè non riesce a trovare il punto dove infilarsi, può succedere che passi sotto il recinto e allora diventa come un tasso, si appiattisce completamente al suolo e passa sotto. Se c’è la corrente c’è solo la sperare che la prenda sul naso, è l’unico punto sensibile: la pelliccia che ha oltre a isolarlo dal freddo e dal caldo lo isola anche dalla corrente.
Con M13 che era molto promiscuo e se ne infischiava di tutto, abbiamo visto che neanche colpendolo con proiettili di gomma lo si distoglieva dalle sue intenzioni, solo con i proiettili illuminanti si riusciva a spaventarlo. Una volta che eravamo riusciti a distrarlo così, siamo rimasti ad aspettare per vedere cosa succedeva e dopo venti minuti era di nuovo lì. Era totalmente anarchico oltre che intelligente.
In alta montagna e nei boschi è successo alcune volte che dopo averlo casualmente incontrato, dapprima si allontanava ma poi, incuriosito, ti seguva a distanza per qualche minuto, non lo faceva per farti a pezzetti, lo faceva per vedere dove stavi andando e per verificare le tue intenzioni. Allora gli passava l’interesse e se ne tornava a farsi i fatti suoi. Ovviamente un orso così che senza pudore si metteva a seguire le persone per gioco, ha messo tutti sul chi va là e nel giro di poco erano tutti preoccupati.
M25 al contrario , anche lui giovane come M13, era molto schivo, difficile vederlo se non con la telemetria, era molto più grosso e si comportava in maniera diffidente e schiva. Un giorno con telemetria lo abbiamo trovato in zona Monte Lago a Livigno, la mattina seguente era già in Val di Campo dove abbiamo potuto più volte osservarlo. Lo abbiamo atteso su di una grossa pietraia, appena arrivato, a ca. 70 m di distanza, M25 ci ha scoperto con l’olfatto. Si è girato verso di noi e poi è subito fuggito e si è allontanato per diversi chilometri.

Livio Costa in servizio mentre rileva la posizione di un radiocollare con la telemetria.
Livio Costa in servizio mentre rileva la posizione di un radiocollare con la telemetria. Al suo fianco il cane da traccia con cui lavora in totale sintonia.

Questa primavera abbiamo trovato una carcassa di cervo che presentava segni di consumazione e attorno si vedevano alcune impronte di orso nella neve, appena cominciata e ho posizionato un paio di fototrappole e raccolto campioni di feci per la prova del DNA. La notte stessa l’orso sconosciuto è tornato per mangiare e, incuriosito dalla fototrappola, si è avvicinato facendola attivare e facendo scattare il “fläsch”. Questo è bastato a spaventarlo. Una settimana dopo è ritornato in zona ma non ha più consumato alla carcassa del cervo morto. Da allora non abbiamo più avuto sue notizie. Dai campioni di feci si è solo potuto affermare che si trattava di un orso, che però non è stato identificato. Dalle immagini scattate dalle fototrappole, questo orso sembrava più grosso e adulto di M13 e M25.

Per la gente che vive lontano da qui il lupo è antipatico e l’orso è simpatico. In queste valli chi non è contadino lo è stato per generazioni e di conseguenza per loro i grandi carnivori sarebbero da eliminare tutti, sia quelli simpatici che quelli antipatici.
La conduzione dei pascoli è principalmente brada, di solito le greggi non superano i cento capi che vengono portati in alpeggio e controllati forse una volta alla settimana. Sia le persone che le pecore non sono più abituate al lupo e non si mettono nelle condizioni di difendersi. Nel ripido sarebbero più difficile da colpire ma loro riposano nel piano, i cani da guardiania sarebbero il metodo più efficace per difenderle. Purtroppo gli allevatori In linea di massima tendono comunque a non accettare l’uso dei cani nè delle altre misure di prevenzione perchè vorrebbe dire accettare il lupo o peggio ancora l’orso. Da non sottovalutare è il problema del turismo in relazione ai cani da protezione delle greggi.
I contadini vengono sovvenzionati per esempio per falciare i prati in quota dopo una certa data per permettere la piena fioritura di più specie possibili e proteggere la biodiversità. Lo fanno. Il lupo è biodiversità. È tornato e va protetto così come l’orso che si sta comportando come ha sempre fatto nei secoli. Qui non ci sono mai stati orsi stabili, sono sempre arrivati dal Trentino al seguito delle greggi, anche adesso è così, salgono quando ci sono animali al pascolo e poi se ne vanno. Questa è una montagna povera, non c’è abbastanza da mangiare per una permanenza stabile di una popolazione di orsi, né frutta, né noci o ghiande.

Quando si è trattato di abbattere M13, l’incarico è stato assegnato a noi. Lo avevo seguito da quando è arrivato, conoscevo le sue abitudini, stimavo la sua intelligenza, riconoscevo la sua forza. Era così forte da potersi permettere di giocare con il mondo intero e si capiva che per lui era un normale. Di fronte all’orso nessuno è invincibile. Nonostante la telemetria ci sono volute tante ore di inseguimento per prenderlo e quando è stato lì davanti a noi, finito. Finito lui e a pezzi noi, non fisicamente, in quei momenti lì il fisico passa in secondo piano, un momento davvero triste. M13 era ancora caldo e già si pensava a come portarlo a imbalsamare e a metterlo in mostra.
Nel frattempo sono arrivati altri orsi molto più schivi e la gente sembra meno preoccupata ma adesso M13 è in mostra, il giorno dell’inaugurazione sono arrivate tantissime persone e autorità, teoricamente la mostra ha l’intento di illustrare come la presenza dei grandi carnivori sia collegata alla vita di queste montagne, illustra la biologia e le pratiche di allevamento di quando era normale che ci fosse, praticamente nessuno guarda i pannelli, le persone entrano e vanno dritte a vedere l’orso.
– Era proprio un bell’animale.
– Certo che è meglio da morto che da vivo.
Escono contenti e non allargano minimamente la loro visione.

In servizio. Stare sul territorio e accudirlo porta a vivere momenti straordinari.
In servizio. Stare sul territorio e accudirlo porta a vivere momenti straordinari.

Gli abbattimenti sono una faccenda delicata. Il desiderio dell’uomo di avere tutto sotto controllo è innato. L’orso e il lupo fanno quello che sanno e vogliono fare. Sono imprevedibili ma fanno parte dello stesso mondo.

Precisi e pragmatici gli svizzeri

2016 07 06 Arturo Plozza
Responsabile ufficio caccia e pesca di Poschiavo. Guardiano della selvaggina.

La Val Poschiavo è stata liberata dai lupi già nell’Ottocento. Un caso isolato di presenza nei Grigioni è stata una lupa di origine italiana abbattuta nel 1954 da un cacciatore che non immaginava neanche lontanamente che il cane che si era trovato sotto il suo mirino fosse un lupo. Da troppi anni non se ne parlava neanche più!
Da qualche anno singoli individui giungono continuamente in dispersione da oltre confine. L’unico branco stabile è il Calanda che ha territorio intorno a Coira, qui nei Grigioni. Nel Vallese la presenza di lupi isolati è consolidata ma nessuno ha formato branchi stabili.
Il primo di cui si è avuta la certezza è stato abbattuto per errore durante una caccia notturna da un cacciatore che ha denunciato il fatto.
Successivamente è stato trovato sotto un ponte il cadavere di un altro lupo con evidenti ferite da arma.
Nel giro di un anno, lo scorso, solo nei Grigioni tre sono stati vittima di incidenti stradali, tutti giovani. È un animale schivo è difficile da vedere, nessuna delle nostre fototrappole ha funzionato, quando per qualche motivo (incidenti o predazioni), la sua presenza si mette in mostra, l’impatto è comunque forte.
L’anno scorso è arrivato un lupo che nel giro dell’estate ha predato sessanta capi di bestiame insistendo in particolare su tre allevatori e viaggiando a suo piacimento sul confine tra Italia e Svizzera. Sono animali, non gliene importa niente dei confini! Per noi è più complicato, le vie ufficiali di collaborazione oltre confine sono lente e burocratiche e in quegli spazi di tempo un lupo dimostra tutta la sua elusività.
Dalle prove del DNA risulta che l’anno prima quello stesso animale girasse nel Canton Ticino. Fanno molta strada, si fermano dove gli pare e si specializzano a predare quello che gli fa più comodo lì dove si trovano. Non se n’è più sentito parlare.
In questo momento sembra che non c’è ne siano ma possono arrivare e così come arriveranno se ne andranno. Il tema è solo all’inizio.

STRATEGIA LUPO SVIZZERA Singoli individui giungono continuamente nel nostro Paese; nel 2012 si è formato il primo branco. La Svizzera non pratica politica attiva di promozione del lupo. Con la Strategia Lupo Svizzera, l'UFAM vuole contenere al minimo i problemi che possono scaturire dalla loro presenza. -UFAM Ufficio Federale AMbiente-
STRATEGIA LUPO SVIZZERA
Singoli individui giungono continuamente nel nostro Paese; nel 2012 si è formato il primo branco. La Svizzera non pratica politica attiva di promozione del lupo. Con la Strategia Lupo Svizzera, l’UFAM vuole contenere al minimo i problemi che possono scaturire dalla loro presenza.
-UFAM Ufficio Federale AMbiente-

In Svizzera il lupo è un animale protetto, non si esclude comunque l’ipotesi di abbattimento di singoli elementi che si dimostrano nocivi e creano conflitti. La loro eliminazione va a favore di tutti gli altri. Se si impegna personale specializzato in azioni mirate, si evitano molte discussioni e occasioni di bracconaggio.
È successo con l’orso, è sensato pensarlo per il lupo. L’anno scorso il branco Calanda è diventato troppo numeroso e si era stabilito di eliminare due soggetti di un anno. L’inverno mite ha permesso all’intero branco di continuare a nutrirsi di selvaggina senza scendere vicino ai paesi e non si sono manifestati da nessuna parte, non è quindi stato possibile realizzare questo proposito ma non ci sono neanche stati danni. Adesso il caso è da valutare in base a quanti sono sopravvissuti, quanti si sono dispersi e quanti ne nasceranno con la prossima cucciolata.
L’essenziale è dare disposizioni precise e pragmatiche su quali sono i soggetti da abbattere, chi lo deve fare e quando.

Piergiovanni Partel

Incontro con Piergiovanni  Partel. Responsabile del Settore Ricerca scientifica e conservazione del Parco Naturale Paneveggio Pale di San Martino

Non ci si può far condizionare da piccole situazioni quando si parla di convivenza tra selvatico e civile.

Piergiovanni Partel e Candido, pastore del Lagorai, mostrano sulla mappa le zone di pascolo.
Piergiovanni Partel e Candido, pastore del Lagorai, mostrano sulla mappa le zone di pascolo.

I lupi che sono passati sicuramente di qui negli anni scorsi sono Slavcz e un altro che era stato segnalato più volte in Val di Fiemme a cavallo del 2006-2007, ma le cui segnalazioni non avevamo trovato riscontro sino al 2009 quando le indagini eseguite su un teschio rinvenuto in loco hanno dato esito positivo. Prima di soccombere alla solitudine aveva anche compiuto predazioni su domestici che erano state imputate a cani vaganti, visto che nessuno immaginava che ci fosse davvero un lupo in Val di Fiemme. Dalle analisi del teschio si è potuti risalire alla sua origine dinarico-balcanica.
Adesso c’è più movimento anche in queste montagne.
Ieri è arrivata una foto scattata tra baita Segantini e il passo Rolle, è da verificare ma è verosimile. Sono arrivate altre segnalazioni dal Grappa e dall’altopiano di Asiago e uno è stato ripreso da una fototrappola nel parco delle Dolomiti Bellunesi sul confine tra Trento e Belluno. Inoltre nel mese di aprile un lupo giovane è stato investito in Valsugana. Potrebbero essere giovani in dispersione dalla Lessinia.
Occorre verificare tutte le segnalazioni perché sono molte di più dei lupi, possono essere cani, cani lupi cecoslovacchi o lupi ripresi in altri posti. Una volta che il dato è certo, è importante comunicarlo. Le persone che possono essere interessate all’argomento come pastori o cacciatori sono molto informate e se dalle stesse è giusto pretendere correttezza allo stesso tempo bisogna essere corretti nei loro confronti.
Ci sono diverse categorie di allevatori, a seconda delle modalità gestionali che adottano rischiano di subire di più o di meno da un eventuale ritorno del lupo in quest’area. Ancora non è arrivato ma per come stanno le cose è certo che torni.
Ci sono pastori professionisti che hanno più mille capi e li sorvegliano giorno e notte, sono quelli che rischiano di meno. Gli allevatori che, quando sono in malga, tengono oltre ai bovini anche pecore, che lasciano sui pascoli alti dove vanno a controllarle giornalmente e gli hobbisti che hanno piccole greggi di alcune decine di capi che lasciano al pascolo in terreni di uso civico, rischiano molto di più.
Il valore di una pecora recuperato con i risarcimenti è spesso ritenuto inferiore al suo valore reale, soprattutto per persone che, avendone poche, danno un significato che va oltre al prezzo della carne ai loro animali.
Quando l’orso danneggia un arnia, il valore che gli viene restituito è più facile da calcolare e spesso lascia gli animi in pace.
In ogni paese dove si ha a che fare con numeri elevati di grandi carnivori le misure che si prendono per regolarne i numeri sono più o meno analoghe. In Italia il pensare di gestire la popolazione di lupi in modo attivo anche attraverso pochi prelievi mirati diventa molto difficile perché non si riescono a conciliare le posizioni dei fronti più estremi: come ad esempio alcune posizioni del mondo venatorio e dell’allevamento che si sentono minacciate dall’arrivo del lupo e da alcuni settori ambientalisti che non sono in grado di rendersi conto che il prelievo mirato di alcuni individui può essere a vantaggio della specie.
Quando, al convegno del progetto Life wolfalps, Luigi Boitani ha espresso la necessità di considerare la possibilità degli abbattimenti, la stampa gli è volata addosso. Nel momento in cui lui, che è una delle persone che negli anni settanta hanno portato la stessa opinione pubblica a rivolgersi a favore del lupo, ha prospettato l’idea dei prelievi, è diventato il nemico del lupo.
Parlare degli abbattimenti del cervo quando rovina il bosco desta meno perplessità che del lupo e degli altri grandi carnivori come orso e lince.
Bisognerebbe che nella gestione dei grandi carnivori fossero coinvolte persone con una visione più ampia possibile delle questioni che riguardano la loro presenza. Al mondo c’è il lupo e anche la pecora, il pastore, il cacciatore, l’ambietalista, come pure il filosofo. Per tenere tutti in piedi bisogna guardare da lontano.