2017_09_28 Olgi
Immaginare il giorno in cui è nata una città in questo posto è come immaginare quello in cui qualcuno deciderà di andare a vivere su un altro pianeta. Immaginare queste lande rocciose foderate di erba e di greggi al pascolo in questa stagione è moltbo difficile: ogni filo di erba è stato mangiato.
Nella sua distanza da ogni cosa Olgi è molto bella ma non c’è traccia di cavalli. Ho trovato solo uno zoccolo putrescente in un mucchio di rifiuti. Credo che non molti anni fa fosse normale incontrare gente a cavallo in città, adesso persino le moto sono rare.
Ho l’impressione che la fine del mondo che cerco qui sia già passata e dimenticata e questo mi rattrista molto.
Nei prossimi giorni si terrà sulla collina a est del villaggio il festival delle aquile: una gara in cui falconieri a cavallo lanciano le loro aquile a caccia di lupi. Dal numero di occidentali presenti in paese, ho l’impressione che sarà un momento museo in cui far rivivere agli spettatori le briciole di un mondo scomparso.
Arrivando qui e trovando poche gher a parte quelle per i turisti, nessun cavallo e un signore mongolo che mi invitava al festival indossando un cappotto nero con 4 gemelli ai polsini, ho avuto un brivido. Quando ha interrotto la conversazione per rispondere all’iPhone con l’auricolare wireless, l’ho salutato con la mano e sono fuggita.
È sacrosanto: perché dovrebbero continuare a vivere come hanno vissuto per millenni, dal momento che ogni straniero che arriva in questo far west sembra cosí ricco e felice? Per far pensare al mondo che da qualche parte esistono ancora dei nomadi? Perché combattere il freddo con la stufa in una tenda senza finestre, quando esiste l’impianto di riscaldamento donato decenni fa dall’URSS?
Il passo successivo quale sarà?
Svuotare un deserto è un attimo, far fiorire un deserto è un’ impresa.