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L’orso che c’era. Gli orsi che ci sono.

 

2016 06 27 Matteo Zeni ed Enrico Dorigatti
Guardiaparco dell’Adamello Brenta

Matteo ed Enrico lì ho sentiti all'ultimo, erano in servizio e tornando sono passati a prendere un caffè. Il posto era all'ombra, il prato non era molto ricco e Isotta protestava, ma siamo riusciti a stare un momento insieme. È stato un bel pomeriggio. Le loro storie riguardano principalmente l'orso che in quest'area è il protagonista principale. Da qui arrivano e qui tornano gli orsi di cui ho sentito parlare in Val Poschiavo.
Matteo ed Enrico lì ho sentiti all’ultimo, erano in servizio e tornando sono passati a prendere un caffè. Il posto era all’ombra, il prato non era molto ricco e Isotta protestava, ma siamo riusciti a stare un momento insieme. È stato un bel pomeriggio. Le loro storie riguardano principalmente l’orso che in quest’area è il protagonista principale. Da qui arrivano e qui tornano gli orsi di cui ho sentito parlare in Val Poschiavo.

Matteo Zeni si stava dirigendo verso un’arena di canto di gallo cedrone con due tesisti del parco e un custode forestale. Il loro passaggio intercettava una pista di canide precisa, dritta e filata su un centimetro di neve fresca, vecchia di poche ore. Fatto quello che dovevano fare insieme, Matteo si mette a seguire quella traccia, fotografa le impronte, raccoglie campioni di urina, e torna il giorno dopo per seguirla a ritroso fino a trovare il posto dove quell’animale aveva dormito.
Quell’animale era il primo passaggio di lupo accertato nel Brenta dopo 150 anni di assenza, era stato già censito l’anno precedente in Svizzera come M24, ha vissuto per i successivi quattro anni in Val di Non da solitario. È sparito.
Nella stessa area è poi arrivato un altro lupo, sempre solitario. Avvicendamento tra scapoli. Adesso pare che ce ne siano due ma ancora non si sa se il secondo è una femmina.

Nel 1800 orsi e lupi c’erano e c’era anche una sostanziosa taglia per chi dimostrava di averne eliminato uno. C’erano taglie per tutti i carnivori, il loro valore andava in crescendo a seconda dei danni che potevano realmente fare e della paura che incutevano ai cristiani. Gli spazi in montagna erano stretti, era molto popolata e ogni bosco e pascolo erano spesso eccessivamente sfruttati.
La reale competizione con i carnivori che sottraevano bestiame era inasprita da eredità culturali risalenti al Medioevo che mostravano le fiere come animali oscuri. La rivalità con l’orso era aggravata dalla sua figura così dominante. Lui, come il lupo, non abbassa gli occhi davanti all’uomo. Lo scruta. L’uomo è capace di accettare un’animale che lo guarda così?
Un nemico è un nemico e va eliminato. Ma già allora qualcuno fece presente che, se non si faceva qualcosa per fermare lo sterminio in atto, questi animali sarebbero scomparsi.
Stavano per sparire, infatti: gli ultimi sopravvissuti sulle Alpi si trovavano qui in Brenta orientale, erano solo più tre, non più giovani e tutti maschi. Era già tardi per fare qualcosa, era ora di farlo.

Rispetto a cent’anni fa, agli animali selvatici va decisamente meglio adesso. Allora ogni fazzoletto di terra coltivabile era sfruttato fino allo sfinimento, c’era gente dappertutto e per tutto l’anno. Sia per gli ungulati che per orsi e lupi adesso oggi ci sono più cibo, più riparo e più rispetto.
Negli anni Novanta si è deciso di catturare dieci orsi in Slovenia e portarli qui, le due popolazioni erano isolate da un secolo e mezzo, ma la genetica è la stessa. Quando sono stati liberati, l’ultimo orso della popolazione originale ha fatto in tempo a corteggiare le orse “nuove arrivate”, ma non a riprodursi. I nuovi arrivati si sono trovati molto bene nel nuovo territorio e attualmente gli orsi del Trentino sono una cinquantina. Le femmine tendono ad essere più sedentarie e non si allontanano più di tanto dai luoghi di nascita: ad oggi vivono solo in Trentino occidentale. I giovani maschi, invece, spesso si spingono anche molto lontano. Non risulta che siano spontaneamente arrivati maschi sloveni da oltre Adige (ma è accaduto il fenomeno contrario: maschi trentini si sono spinti fino alla Slovenia), nè che le femmine, ad oggi, si spingano al di là del fiume. La Val d’Adige costituisce una barriera ecologica importante, ma di notte gli orsi si spingono fino ai margini di essa per banchettare con mele, mais e uva.

A differenza del lupo, in qualche circostanza l’orso può essere pericoloso per l’uomo. Per sua indole tende a sfuggirgli, ma in circostanze sfortunate si sono già verificati alcuni eventi che lo hanno messo nelle condizioni di diventare aggressivo. C’è una pista in cresta alle prime balze di rocce che sovrastano Trento a ovest dell’Adige, dove la gente va in bici o a correre finito di lavorare, a poca distanza dalla città, ai confini delle foreste che scendono dalla Paganella: un anno fa, là un uomo è stato aggredito, riportandone ferite piuttosto gravi. Stava correndo con il cane e ha sorpreso a pochi passi un’orsa accompagnata da tre cuccioli.
Un paio di settimane fa, quasi nello stesso posto, pare che un ciclista sia stato inseguito per un centinaio di metri da un orso. Dalla sua testimonianza sembra che sul posto ci fossero due orsi: una femmina e un maschio in pieno corteggiamento. Il maschio, infastidito per l’improvvisa e sgradita apparizione dell’intruso a pochi metri, seguita dalla fuga rocambolesca dello stesso (in simili circostanze una fuga scomposta sarebbe sempre da evitare: è di gran lunga preferibile stare fermi o allontanarsi lentamente), ha semplicemente espresso la sua irritazione.
Entrambe le situazioni erano piuttosto delicate. Per sua indole l’orso non ama essere sorpreso, cerca sempre di avvisare i suoi simili delle sue intenzioni e le apparizioni improvvise di ciclisti o corridori lo mettono sul chi va là. Normalmente appena se ne rende conto si dà alla macchia, ma un maschio innamorato di qualsiasi specie ha la soglia di attenzione sotto il limite normale e una madre di qualsiasi specie che si ritrova un intruso in corsa tra lei e la sua prole può perdere la ragione.
È vero che se non fossero stati portati qui quei dieci orsi dall’est, non ci sarebbe questa paura. Ma sarebbe stato giusto lasciar estinguere l’animale simbolo di questi monti?
A molte persone l’orso incute una paura istintiva, pur senza essere più pericoloso di altre cose. Il grande carnivoro colpisce direttamente il nostro essere anticamente animali: parte di una catena fatta di mangiare ed essere mangiati. Gli orsi rappresentano la parte “incontrollabile” della natura, parlare di loro e alimentarne la paura fa sempre presa sull’immaginazione.

L’anno scorso è comparsa su Avvenire una foto che mostrava una trentina di lupi in marcia in mezzo alla neve, la didascalia diceva che erano stati ritratti a Campo Imperatore. In realtà quella foto era stata scattata in Canada. Poco tempo dopo, un’altra bufala legata alla stessa immagine pretendeva di spiegare l’atteggiamento dei componenti del branco (i più forti chiudono la fila, adeguando il passo ai deboli e malati che stanno più avanti, eccetera), stravolgendo la reale biologia del lupo. L’informazione distorta (ma apparentemente attendibile) cattura facilmente l’attenzione del pubblico, che spesso ama sentirsi raccontare versioni edulcorate della natura, non corrispondenti alla realtà.
Altrettanto pericoloso dell’atteggiamento di chi ha una visione della natura eccessivamente poetica e “disneyana”, è quello di chi sventola bandiere in difesa di un presunto “mondo contadino che dev’essere salvato dai lupi e dagli orsi”. Qeuste polarizzazioni rallentano e intralciano la risoluzione dei problemi legati alla presenza dei grandi carnivori. In Trentino, per dire, i forestali che hanno in carico la gestione dell’orso vengono accusati dagli animalisti estremi di “uccidere segretamente gli orsi”, mentre dal versante opposto c’è chi accusa gli stessi di “liberare in segreto nuovi animali”.

In ogni caso, la presenza ormai abituale dell’orso nel Trentino occidentale potrebbe, rispetto ad altre zone alpine, rendere meno impattante l’imminente ritorno del lupo, grazie alla già vasta diffusione di opere di prevenzione dei danni al bestiame domestico, e a un già ben rodato sistema di gestione della presenza dei grandi carnivori.

Una storia delicata

2016 07 07 Livio Costa
Guardapesca e guardiano della selvaggina. Val Poschiavo.

Livio Costa

Cinque o sei anni fa, quando i lupi hanno cominciato ad arrivare, se si trovavano carcasse di animali feriti di fresco si inviavano campioni di saliva per l’analisi del DNA allo scopo di monitorarne la presenza. Adesso si sa che animali in dispersione possono venire e fermarsi qui e nel momento in cui sono presenti si agisce.
La prima carcassa da cui è stata accertata la presenza del lupo era una cerva. È successo quattro o cinque anni fa. A vederla così non mi capacitavo di come un animale così forte e in forma potesse essere stato preso: è stata azzannata a quindici metri da dove stava dormendo. Abbiamo posizionato la fototrappola sul posto per vedere se tornava ma non si è più fatto vedere. Quel lupo arrivava dal Canton Ticino come quello che si è stabilito sugli alpeggi verso il confine italiano l’estate scorsa e che ha predato una ventina di capi di pecore solo al di qua della frontiera, quanti ne abbia presi di là non lo so, sicuramente aveva meno difficoltà di noi a passare da un paese all’altro. Non abbiamo nessuna immagine, nè foto dirette nè da fototrappola, esserci c’era, lo raccontano i danni che ha fatto e le analisi del DNA, il lupo è un ombra.
Quest’anno non è ancora capitato nulla, o perché le greggi sono salite tardi o perché quest’anno ha preso altre vie.

È più difficile proteggersi dall’orso che dal lupo, non ci sono azioni di disturbo valide tra quelle che si sono provate, l’unica sarebbe l’impiego dei cani da guardiania ma non incontra il favore degli allevatori. Mettere gli animali nel recinto elettrificato funziona finchè non riesce a trovare il punto dove infilarsi, può succedere che passi sotto il recinto e allora diventa come un tasso, si appiattisce completamente al suolo e passa sotto. Se c’è la corrente c’è solo la sperare che la prenda sul naso, è l’unico punto sensibile: la pelliccia che ha oltre a isolarlo dal freddo e dal caldo lo isola anche dalla corrente.
Con M13 che era molto promiscuo e se ne infischiava di tutto, abbiamo visto che neanche colpendolo con proiettili di gomma lo si distoglieva dalle sue intenzioni, solo con i proiettili illuminanti si riusciva a spaventarlo. Una volta che eravamo riusciti a distrarlo così, siamo rimasti ad aspettare per vedere cosa succedeva e dopo venti minuti era di nuovo lì. Era totalmente anarchico oltre che intelligente.
In alta montagna e nei boschi è successo alcune volte che dopo averlo casualmente incontrato, dapprima si allontanava ma poi, incuriosito, ti seguva a distanza per qualche minuto, non lo faceva per farti a pezzetti, lo faceva per vedere dove stavi andando e per verificare le tue intenzioni. Allora gli passava l’interesse e se ne tornava a farsi i fatti suoi. Ovviamente un orso così che senza pudore si metteva a seguire le persone per gioco, ha messo tutti sul chi va là e nel giro di poco erano tutti preoccupati.
M25 al contrario , anche lui giovane come M13, era molto schivo, difficile vederlo se non con la telemetria, era molto più grosso e si comportava in maniera diffidente e schiva. Un giorno con telemetria lo abbiamo trovato in zona Monte Lago a Livigno, la mattina seguente era già in Val di Campo dove abbiamo potuto più volte osservarlo. Lo abbiamo atteso su di una grossa pietraia, appena arrivato, a ca. 70 m di distanza, M25 ci ha scoperto con l’olfatto. Si è girato verso di noi e poi è subito fuggito e si è allontanato per diversi chilometri.

Livio Costa in servizio mentre rileva la posizione di un radiocollare con la telemetria.
Livio Costa in servizio mentre rileva la posizione di un radiocollare con la telemetria. Al suo fianco il cane da traccia con cui lavora in totale sintonia.

Questa primavera abbiamo trovato una carcassa di cervo che presentava segni di consumazione e attorno si vedevano alcune impronte di orso nella neve, appena cominciata e ho posizionato un paio di fototrappole e raccolto campioni di feci per la prova del DNA. La notte stessa l’orso sconosciuto è tornato per mangiare e, incuriosito dalla fototrappola, si è avvicinato facendola attivare e facendo scattare il “fläsch”. Questo è bastato a spaventarlo. Una settimana dopo è ritornato in zona ma non ha più consumato alla carcassa del cervo morto. Da allora non abbiamo più avuto sue notizie. Dai campioni di feci si è solo potuto affermare che si trattava di un orso, che però non è stato identificato. Dalle immagini scattate dalle fototrappole, questo orso sembrava più grosso e adulto di M13 e M25.

Per la gente che vive lontano da qui il lupo è antipatico e l’orso è simpatico. In queste valli chi non è contadino lo è stato per generazioni e di conseguenza per loro i grandi carnivori sarebbero da eliminare tutti, sia quelli simpatici che quelli antipatici.
La conduzione dei pascoli è principalmente brada, di solito le greggi non superano i cento capi che vengono portati in alpeggio e controllati forse una volta alla settimana. Sia le persone che le pecore non sono più abituate al lupo e non si mettono nelle condizioni di difendersi. Nel ripido sarebbero più difficile da colpire ma loro riposano nel piano, i cani da guardiania sarebbero il metodo più efficace per difenderle. Purtroppo gli allevatori In linea di massima tendono comunque a non accettare l’uso dei cani nè delle altre misure di prevenzione perchè vorrebbe dire accettare il lupo o peggio ancora l’orso. Da non sottovalutare è il problema del turismo in relazione ai cani da protezione delle greggi.
I contadini vengono sovvenzionati per esempio per falciare i prati in quota dopo una certa data per permettere la piena fioritura di più specie possibili e proteggere la biodiversità. Lo fanno. Il lupo è biodiversità. È tornato e va protetto così come l’orso che si sta comportando come ha sempre fatto nei secoli. Qui non ci sono mai stati orsi stabili, sono sempre arrivati dal Trentino al seguito delle greggi, anche adesso è così, salgono quando ci sono animali al pascolo e poi se ne vanno. Questa è una montagna povera, non c’è abbastanza da mangiare per una permanenza stabile di una popolazione di orsi, né frutta, né noci o ghiande.

Quando si è trattato di abbattere M13, l’incarico è stato assegnato a noi. Lo avevo seguito da quando è arrivato, conoscevo le sue abitudini, stimavo la sua intelligenza, riconoscevo la sua forza. Era così forte da potersi permettere di giocare con il mondo intero e si capiva che per lui era un normale. Di fronte all’orso nessuno è invincibile. Nonostante la telemetria ci sono volute tante ore di inseguimento per prenderlo e quando è stato lì davanti a noi, finito. Finito lui e a pezzi noi, non fisicamente, in quei momenti lì il fisico passa in secondo piano, un momento davvero triste. M13 era ancora caldo e già si pensava a come portarlo a imbalsamare e a metterlo in mostra.
Nel frattempo sono arrivati altri orsi molto più schivi e la gente sembra meno preoccupata ma adesso M13 è in mostra, il giorno dell’inaugurazione sono arrivate tantissime persone e autorità, teoricamente la mostra ha l’intento di illustrare come la presenza dei grandi carnivori sia collegata alla vita di queste montagne, illustra la biologia e le pratiche di allevamento di quando era normale che ci fosse, praticamente nessuno guarda i pannelli, le persone entrano e vanno dritte a vedere l’orso.
– Era proprio un bell’animale.
– Certo che è meglio da morto che da vivo.
Escono contenti e non allargano minimamente la loro visione.

In servizio. Stare sul territorio e accudirlo porta a vivere momenti straordinari.
In servizio. Stare sul territorio e accudirlo porta a vivere momenti straordinari.

Gli abbattimenti sono una faccenda delicata. Il desiderio dell’uomo di avere tutto sotto controllo è innato. L’orso e il lupo fanno quello che sanno e vogliono fare. Sono imprevedibili ma fanno parte dello stesso mondo.

Piergiovanni Partel

Incontro con Piergiovanni  Partel. Responsabile del Settore Ricerca scientifica e conservazione del Parco Naturale Paneveggio Pale di San Martino

Non ci si può far condizionare da piccole situazioni quando si parla di convivenza tra selvatico e civile.

Piergiovanni Partel e Candido, pastore del Lagorai, mostrano sulla mappa le zone di pascolo.
Piergiovanni Partel e Candido, pastore del Lagorai, mostrano sulla mappa le zone di pascolo.

I lupi che sono passati sicuramente di qui negli anni scorsi sono Slavcz e un altro che era stato segnalato più volte in Val di Fiemme a cavallo del 2006-2007, ma le cui segnalazioni non avevamo trovato riscontro sino al 2009 quando le indagini eseguite su un teschio rinvenuto in loco hanno dato esito positivo. Prima di soccombere alla solitudine aveva anche compiuto predazioni su domestici che erano state imputate a cani vaganti, visto che nessuno immaginava che ci fosse davvero un lupo in Val di Fiemme. Dalle analisi del teschio si è potuti risalire alla sua origine dinarico-balcanica.
Adesso c’è più movimento anche in queste montagne.
Ieri è arrivata una foto scattata tra baita Segantini e il passo Rolle, è da verificare ma è verosimile. Sono arrivate altre segnalazioni dal Grappa e dall’altopiano di Asiago e uno è stato ripreso da una fototrappola nel parco delle Dolomiti Bellunesi sul confine tra Trento e Belluno. Inoltre nel mese di aprile un lupo giovane è stato investito in Valsugana. Potrebbero essere giovani in dispersione dalla Lessinia.
Occorre verificare tutte le segnalazioni perché sono molte di più dei lupi, possono essere cani, cani lupi cecoslovacchi o lupi ripresi in altri posti. Una volta che il dato è certo, è importante comunicarlo. Le persone che possono essere interessate all’argomento come pastori o cacciatori sono molto informate e se dalle stesse è giusto pretendere correttezza allo stesso tempo bisogna essere corretti nei loro confronti.
Ci sono diverse categorie di allevatori, a seconda delle modalità gestionali che adottano rischiano di subire di più o di meno da un eventuale ritorno del lupo in quest’area. Ancora non è arrivato ma per come stanno le cose è certo che torni.
Ci sono pastori professionisti che hanno più mille capi e li sorvegliano giorno e notte, sono quelli che rischiano di meno. Gli allevatori che, quando sono in malga, tengono oltre ai bovini anche pecore, che lasciano sui pascoli alti dove vanno a controllarle giornalmente e gli hobbisti che hanno piccole greggi di alcune decine di capi che lasciano al pascolo in terreni di uso civico, rischiano molto di più.
Il valore di una pecora recuperato con i risarcimenti è spesso ritenuto inferiore al suo valore reale, soprattutto per persone che, avendone poche, danno un significato che va oltre al prezzo della carne ai loro animali.
Quando l’orso danneggia un arnia, il valore che gli viene restituito è più facile da calcolare e spesso lascia gli animi in pace.
In ogni paese dove si ha a che fare con numeri elevati di grandi carnivori le misure che si prendono per regolarne i numeri sono più o meno analoghe. In Italia il pensare di gestire la popolazione di lupi in modo attivo anche attraverso pochi prelievi mirati diventa molto difficile perché non si riescono a conciliare le posizioni dei fronti più estremi: come ad esempio alcune posizioni del mondo venatorio e dell’allevamento che si sentono minacciate dall’arrivo del lupo e da alcuni settori ambientalisti che non sono in grado di rendersi conto che il prelievo mirato di alcuni individui può essere a vantaggio della specie.
Quando, al convegno del progetto Life wolfalps, Luigi Boitani ha espresso la necessità di considerare la possibilità degli abbattimenti, la stampa gli è volata addosso. Nel momento in cui lui, che è una delle persone che negli anni settanta hanno portato la stessa opinione pubblica a rivolgersi a favore del lupo, ha prospettato l’idea dei prelievi, è diventato il nemico del lupo.
Parlare degli abbattimenti del cervo quando rovina il bosco desta meno perplessità che del lupo e degli altri grandi carnivori come orso e lince.
Bisognerebbe che nella gestione dei grandi carnivori fossero coinvolte persone con una visione più ampia possibile delle questioni che riguardano la loro presenza. Al mondo c’è il lupo e anche la pecora, il pastore, il cacciatore, l’ambietalista, come pure il filosofo. Per tenere tutti in piedi bisogna guardare da lontano.

Aida sapeva tutto

– Qui ci sono solo orsi.

– Li hai visti?
– Sì, in Abruzzo!
– Ma come?
– Sì, sono sempre lì a mettere e spostare foto trappole e ho visto qualsiasi tipo di carnivoro possa venirti in mente di vedere da queste parti, ma l’orso no.
– E allora cosa c’entrano gli orsi?
– Tre inverni fa, quando è successo che sono caduti due metri di neve nel giro di poco, i cervi stavano tutti intorno alle mangiatoie e i più forti erano molto prepotenti, così molti giovani e gli esemplari più deboli sono morti di fame lì vicino alle mangiatoie. L’orso è arrivato, ha mangiato quelli che erano già morti e se n’è andato.
– Ma come è passato l’orso, non è passato anche il lupo?
– Sì, ma non lo abbiamo visto. C’è un collega Trentino che ne ha visto uno tempo fa, era quello con il radiocollare, quello che chiamano Slavcz.

Auronzo San Marxo

Avevo spedito ad Auronzo due mappe così come in altri posti che sapevo di dover raggiungere. Man mano sono stata avvisata dell’arrivo di tutte quelle che avevo spedito tranne queste. Avevo un numero di telefono fisso con cui cercavo di contattare la stazione forestale dove pensavo di trovarle ma non rispondeva mai nessuno. Ormai le avevo spedite e ormai stavo arrivando a recuperarle.

Il giorno in cui il pacchetto con le mappe era arrivato Aida si era fatta qualche risata sotto i baffi. Aida è il cane per seguire le tracce che vive alla stazione di Auronzo. Sono cani a cui non sfugge nulla e a lei ancora di più. Aveva visto la faccia interdetta di Alessia e aveva capito che c’era un errore nell’aria.

Persa mezza giornata per andare su e giù per il paese, mi risolvo per dirigermi verso Cortina dove poter ricomprare le mappe, c’è il cantiere della nuova ciclabile per Misurina e le piste per scendere fino in paese. Prima di arrendermi decido di andare a vedere nell’unica stazione forestale che mi era stata sconsigliata. C’era solo Aida, poi Romano, poi Stefano e infine il capo stazione. Recuperate le cartine, riparto.

Oberbuchach

Hannis e la sua famiglia davanti alla stalla delle pecore che accudisce per e con passione. Oggi era il momento di tagliare le unghie e somministrare il vermifugo.
Hannis e la sua famiglia davanti alla stalla delle pecore che accudisce per e con passione. Oggi era il momento di tagliare le unghie e somministrare il vermifugo.

– Lupi? No, qui di lupi non se ne parla, è passato un orso l’anno scorso e si è aggirato per le montagne qui sopra ma dev’essere stato disturbato e se n’è andato.
In quel periodo mio marito ha visto una lince, è passata come un’ombra scappando per il suo arrivo. Stava mangiando i resti di una carcassa di capriolo, ma non era stata lei a predarlo, era scuoiato perfettamente e probabilmente era già stato il pranzo dell’orso.
– Si è avvicinato ai vostri animali?
– No, noi abbiamo solo mucche, ma quando si trovava in questa zona ha mangiato delle pecore su in montagna.
Dovevo cambiare itinerario, rientro in Italia già oggi, mi ero fermata per chiedere informazioni sui sentieri che avevo in mente e mi hanno consigliato di salire a questo colle anziché da Obertiliach. Mi ha offerto un gelato alla birra che ha fatto come prova, aveva tutto quello che è buono della birra, senza tutto quello che è cattivo.
Ho risellato e sono salita per un’ora sulla strada di Straniger Alm fino al primo prato.
Qui c’erano Annis e il figlio con la fidanzata che stavano somministrando il vermifugo e tagliando le unghie alle pecore.
– Sì, è stato proprio qui, mi ha mangiato una pecora, l’ha uccisa lì e l’ha trascinata fino a là sopra. L’ha scuoiata con una precisione chirurgica e quando sono arrivato c’erano solo più lo scheletro perfettamente pulito e le ossa. Mangia proprio tutto.
Ho dormito a venti metri dal posto dove l’orso ha mangiato la pecora, non ho messo le pastoie a Isotta, mi sentivo più tranquilla. Lei è andata a pascolare proprio lì, poi ha alzato di colpo la testa, è venuta di corsa vicino al telo, ha pensato per dieci minuti e si è rimessa a mangiare dall’altra parte. Sarà suggestione, a me sembra che questa benedetta cavalla sappia molte cose.
Prima del colle ci sono un rifugio e un alpeggio, i gestori sono saliti oggi per riordinare in vista dell’estate, c’era un ragazzo che ha raccontato di aver visto tracce di orso sulle chiazze di neve del sentiero alto. Sarà lo stesso?

Uberbuchach

2016 06 07 Unterbuchach

Zwonko Kravania

Trenta 2016 06 03

Siamo al punto di partenza, in mezzo al Triglavski Narodne Park, da queste parti era stato messo il radiocollare a Slavcz, di lupi su questo versante non ce ne sono se non di passaggio, ma c’è chi li monitora da anni.

Zwonko Kravania, guardaparco del Triglavski Narodne Park dove vive ed è sempre vissuto
Zwonko Kravania, guardaparco del Triglavski Narodne Park dove vive ed è sempre vissuto

I primi lupi che hanno mostrato la loro presenza qui a Trenta sono apparsi nel 2005 2006. Era una coppia, il segnale è stato dato dalle numerose prefazioni di selvatici e dalle tracce. Anche i turisti li hanno visti in coste meno frequentate. Poi si sono spostati intorno a Stara Fuzina, in una zona dove c’era un numero considerevole di mufloni. Era inverno e oltre ai mufloni c’erano molti altri selvatici molto tranquilli intorno alle griglie di foraggi amento. Nel giro di poco erano rimasti cinque o sei mufloni.

Per il progetto Life Wolfalps, come presso tutti gli altri enti coinvolti, dedichiamo un giorno al mese a seguire tracce e prelevare fatte e urina nella neve. Il giorno del mese in cui questo accade è lo stesso per tutti gli operatori da una parte all’altra delle Alpi.
genere dopo un paio di chilometri che segui una traccia, trovi dell’urina, in inverno sulla neve è facile da riconoscerei e isolare. Campioni e informazioni vengono monitorati dal progetto.
Come formazione c’è stato un corso a Kocevje, nel sud della Slovenia, dove c’è la popolazione più numerosa di lupi.

In Slovenia esiste la pratica del l’abbattimento dei lupi in eccesso scegliendo di eliminare quei soggetti che danno più problemi all’allevamento o alla popolazione, si riduce di molto il problema del bracconaggio.
La popolazione di lupi non numeri fastidiosi e quindi gli esemplari da abbattere non sono molti, ma è contemplata la possibilità.
Il ministero dà numeri diversi per età e sesso degli animali da abbattere diverso per ogni specie e sono i cacciatori ad occuparsene. Ogni animale abbattuto viene misurato è pesato da un ispettore fino ad esaurimento di ogni categoria.
I cacciatori si tengono il trofeo, molti vanno con clienti che vengono da altri paesi.

Solo i pastori sono nettamente contrari alla presenza di grandi carnivori insieme ad alcuni abitanti di piccoli centri che li vedono aggirarsi per i paesi per mettere il naso nella spazzatura. Come danni i cervi non sono da meno, e danno altrettanto fastidio perchè spazzolano gli orti e scendono ai pascoli prima che salga il bestiame mangiando l’erba più tenera.

In novembre l’altro guardaparco che lavora su questo versante del Triglav ha avvistato una traccia, ma è stato un caso isolato, non sono più tornati.
Orso e lupo convivono negli stessi ambienti senza infastidirsi a vicenda, qui l’orso c’è ed è stabilmente insediato, il lupo no.
Il fatto che la popolazione di cervi sia in costante aumento fa pensare che anche qui stia per tornare il lupo.

Il lupo non fa paura alla gente, l’orso sì.