Un regalo di Ehnee: un taccuino di carta fatta a mano pieno di frasi in mongolo per poter comunicare con i nomadi. A lui lo aveva regalato un belga fiammingo in viaggio in Mongolia a cui lo aveva dato un ragazzo americano che lo aveva a sua volta regalato un amico che lo aveva tenuto in un cassetto per anni in ricordo di un viaggio in India in cui un inglese glielo aveva lasciato dopo averlo acquistato in Nepal. Nessuno di loro ci ha mai scritto niente.
All’improvviso dopo anni di giri per il mondo, Ehnee lo ha dato a me con queste frasi utili, due pagine in cui è descritto il mio progetto e molte pagine bianche che si stanno riempiendo di disegni, nomi e date dei nomadi che incontro finalmente davvero da quando sono ripartita da sola da Tsetserleg con Azimuth e Tgegherè.
La guida si è rivelata un disagio. Non aveva senso continuare così.
C’è Ehnee che mi copre le spalle da Tsetserleg, lo posso chiamare anche quando non prende il telefono per traduzioni volanti. Partecipa al viaggio occupandosi di Graffio che rimarrà in montagna nel suo branco.
È andata così. Per varie vicende l’ingombro della guida non mi permetteva di incontrare le persone.
Sto cercando di adeguarmi al viaggio con due cavalli, ogni tenda è un incontro e il taccuino somiglia a una bacchetta magica perché sta trasformando questa lingua molto difficile in un modo per chiedere alle persone di mostrarmi quello che amano di più : la loro terra, i loro animali, il loro mondo.