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o venerabili abitanti delle montagne!

2016 08 21 Benoit
Cabane de la Moutiere

Giorno di stelle alpine, notte di stelle cadenti. A luglio Benoit fa pascolare le 1500 pecore che gli sono affidate dall’altra parte del crinale, da fine agosto a settembre fa base alla Cabane de la Moutiere dove pensavo di passare la notte.

Benoit, musicista, ventidue anni, due anni in caseificio in Queyras, tre anni da pastore, per un allevatore camarguese, un sentimento per le montagne che ama vissuto fino al midollo e un animo sensibile e fertile di idee e sogni. La stella dei pastori lo guarda da lassù, lo vede infreddolire la sera, lo vede mettersi maglione, sciarpa e cappello e chiedersi: - come faccio a fare il pastore, io che ho sempre freddo? Forse dovevo andare a vivere in città! La stella dei pastori sa molte cose ma non gli risponde.
Benoit, musicista, ventidue anni, due anni in caseificio in Queyras, tre anni da pastore, per un allevatore camarguese, un sentimento per le montagne che ama vissuto fino al midollo e un animo sensibile e fertile di idee e sogni. La stella dei pastori lo guarda da lassù, lo vede infreddolire la sera, lo vede mettersi maglione, sciarpa e cappello e chiedersi:
– come faccio a fare il pastore, io che ho sempre freddo? Forse dovevo andare a vivere in città!
La stella dei pastori sa molte cose ma non gli risponde.

– È da quando i lupi gli hanno attaccato il gregge che non lo vediamo. Non troverai nessuno lassù. Se fosse passato per andare alla Moutiere, lo avremmo visto passare.
Di solito dove ci sono le capanne dei pastori c’è un pezzo di terra in piano e dell’acqua, pascolo per Isotta e montagne ‘finchè ne vuoi’. Salgo lo stesso. È già il tramonto.
La porta è aperta e nel recinto di rete a monte della casa c’è il gregge.
– buonasera!
– Buonasera! Ma ci conosciamo?
– No, è la prima volta che passo di qui, mi hanno detto che non avrei trovato nessuno!
– Infatti sono appena arrivato.
– Posso accamparmi qui?
– Sì
– Mauro mi ha detto di voler fare un salto qui da te, dopo aver spostato le pecore al recinto della notte
– Allora devo scendere a prendere qualcosa per festeggiare!
– Non ti preoccupare di niente, ho il cilindretto pieno di viveri e ho comprato il pane al forno.
Benoit è passato da una valle all’altra con millecinquecento pecore senza che nessuno se ne accorgesse. Non ha niente ma nella sua capanna c’è un lavandino da cui esce acqua di sorgente. Non c’è la luce elettrica ma c’è un bel mucchio di legna da spezzare per accendere un bel fuoco. Quando entriamo in casa Isotta si mette davanti alla porta, quando andiamo vicino al fuoco, ci segue e si mette in cerchio con noi.

Cabane de la Moutiere
Cabane de la Moutiere

Aspettiamo Mauro guardando il fuoco e Benoit mi racconta cosa gli è capitato la settimana scorsa.
– il gregge si è messo a girare verso un vallone, vedevo la maggior parte delle pecore ma qualcuna rimaneva dietro il costone. Era un pomeriggio molto caldo e non c’era una nuvola.
– Tutto tranquillo
– Di colpo le pecore hanno cominciato a correre all’impazzata andando tutte dietro al costone e in quel nulla il lupo è riuscito a ucciderne due e ferirne una terza al punto che abbiamo dovuto ucciderla.
– Il padrone non vuole prendere cani da protezione e neanche io vorrei dover guardare cosa combinano cani del genere. Abbiamo deciso di spostare qui il gregge in anticipo, il pascolo è più aperto in questa valle e montiamo un doppio recinto per la notte con le reti alte. Il lupo non può entrare lì.
Benoit è un musicista, un animo gentile, la scena del lupo che gli ha attaccato il gregge in pieno giorno lo ha scombussolato, non vuole più fare il pastore.
Entra in casa a prendere una sciarpa e una maglia pesante da infilare sopra al pile e la chitarra. Mentre racconta i suoi pensieri arpeggia e la valle si riempie di malinconia.
– L’inverno scorso la fidanzata mi ha lasciato, ero nella Crau a guardare le pecore. Il padrone di questo gregge ha interi capannoni dove le rinchiudiamo per tutto l’inverno. Passa l’estate a raccogliere fieno sulla sua terra. Lì in Camargue l’erba è preziosa, è marchiata con denominazione di origine protetta, viene comprata a prezzi altissimi persino dagli sceicchi che se la fanno spedire in aereo fino in Arabia. Queste pecore non vedranno mai quell’erba, gli diamo da mangiare le cose più incredibili ma non quello, quando arrivano qui sono magre e sporche perchè non escono mai.
– Ho scritto un poema ripensando agli anni in cui vivevo in Queyras e lavoravo in caseificio. Riguarda la gente di quelle montagne e di titte le montagne del mondo perchè se la gente non le custodisse, non sarebbero come vediamo. Le montagne che amiamo sono così grazie a tutte quelle persone che nei secoli hanno impiegato le loro forze e il loro ingegno per renderle come sono.
– Mischiata alla fatica della vita della gente di montagna c’è la solitudine, una solitudine talmente forte.
– Pensavo alle parole di questo poema, le spostavo e le ripensavo e un giorno all’improvviso, mentre guardavo le pecore, si è infilato un motivo nella mia testa e le parole si intrecciacano una ad una alle note come le perle di una collana.
Solitudine e malinconia si erano disciolte, lui guardava il fuoco sorridendo e intanto suonava. Ogni tanto spostavo un pezzo di legno perchè le fiamme continuassero a rompere l’oscurità. Tutte le volte che alzavamo lo sguardo vedevamo una stella cadente.
Mauro non arrivava e ci siamo mangiati le patate con i funghi. Patate con i funghi in piatti di ceramica e acqua di sorgente in bicchieri di vetro.

Focolare dietro la Cabane de la Moutiere,
Focolare dietro la Cabane de la Moutiere,

È arrivato quando stavamo per andare a dormire portando il suo clarinetto. Spunta un flauto, un altro di tonalità diversa e il loro dialogo di suoni raccontava più storie di mille libri. Suonavano insieme, i lupi erano scomparsi e c’erano solo più le grandi montagne che ci circondavano e che una ad una venivano illuminate dalla luna finchè tutta la valle è diventata d’argento.
Mi sono infilata nel sacco a pelo, Isotta si è coricata vicina a me e loro suonavano ancora.

Cosa fa un pastore?

2016 08 11 Carla Manzon
Allevatrice di pecore.
Borgata di Sestriere

Sembra che non stia facendo niente. È seduta e immobile e guarda il gregge di pecore che si muove nel pascolo lì sotto. Scarponi ai piedi, i cani vicini, lo zaino in spalla, la felpa addosso anche se fa molto caldo, il bastone.
Quando arriva l’ombra, quella nuvola di animali si ricompone e prende la strada di casa. Entrano nel recinto, lei lo chiude e in mezzo al mucchio sceglie una per volta tre pecore, le fa stendere a terra e gli medica i piedi.
Un gregge di pecore tutte identiche per un profano, è un popolo di individui per il pastore. Ottocento pecore sono 3200 piedi. Mentre sembrava che non stesse facendo niente, lei ha visto che tre di quei piedi avevano qualcosa che non andava. Non può farlo chiunque.

Carla Manzon con i cani che la aiutano a condurre il gregge.
Carla Manzon con i cani che la aiutano a condurre il gregge.

La prima pecora se la sono presa nel duemilasei alle porte del paese, poi un’altra, poi altri due. La nebbia semplifica la vita del lupo ma lui non si spaventa di attaccare anche in pieno sole. Le pecore non fanno come le mucche che si mettono tutte insieme e lo caricano, stanno lì attonite e lo guardano. Scappano solo dopo che una scappa e sè quella che parte è una testa matta e va a infilarsi in posti pericolosi, la seguono in posti pericolosi. Da quando è tornato sono cambiate molte cose, non puoi mai lasciarle da sole, prima mungevo e facevo il formaggio come avevano sempre fatto i miei, poi non sono più riuscita a star dietro a tutto. Un po’ per il lupo, un po’ per seguire tutto da sola, ho lasciato perdere.
– Oltre ai due cani per condurre le pecore, adesso ci sono due maremmani ma vedi cosa succede?
Sotto di noi in quel momento sono passati due turisti e i maremmani gli sono volati contro. Loro si sono fermati spaventati e prima che i cani si allontanassero è passato un buon momento, Carla era pronta a intervenire ma non si è mossa.
I maremmani non sono tutti uguali, qui c’è ne sono due, uno lo lascia a Chieri a guardare la casa perché se lo porta qui rischia di passare dei guai, è troppo aggressivo. Uno lo lascia all’alpeggio con gli agnelli e i capretti perchè non ascolta Questi due lavorano bene.

Se le difese del bestiame consistono in materiali sempre più complicati da gestire e spese di personale, molti allevatori cambieranno mestiere.
Ci sono già molte altre difficoltà, malattie genetiche che arrivano da non si sa dove, affitti che aumentano, prezzo della lana talmente basso che viene quasi voglia di buttarla via e una solitudine di fronte alle difficoltà che fa sentire proprio inermi.

Quest’estate al momento di salire in alpeggio sono stata male, così male che non potevo più fare niente e ho dovuto andare in ospedale proprio quando avrei dovuto seguire i miei animali al pascolo. Per i primi giorni ci ha pensato mia sorella che abita qui vicino e poi ho dovuto assumere due persone per star dietro a quello che di solito faccio da sola. Mia sorella gli portava pranzo e cena e loro stavano a casa mia. Queste due persone sono rimaste qui anche quando sono uscita dall’ospedale perchè ero ancora troppo debole per seguire il gregge e facevano i loro orari facendosi accudire. Non avevano occhio e quando sono arrivata molte pecore erano zoppe e tutte erano dimagrite molto. Loro le portavano al pascolo in orari in cui di solito le pecore si nascondono all’ombra e i cani non li ascoltavano. È stato molto duro vedere il mio gregge in quelle condizioni e non poter fare niente. Man mano che riprendevo forza ho cominciato ad andare al pascolo con loro e a farmele catturare per medicargli i piedi e li ho licenziati appena possibile. Adesso che sono da sola le pecore stanno di nuovo bene, riesco anche a trovare il tempo di sbrigare qualche commissione. Adesso sto bene. Aver vissuto cosa significa stare davvero male mi fa sentire anche meglio ma è una condizione indispensabile per far stare bene tutti questi animali. Certe cose non le puoi sapere prima.
Un giorno ero al pascolo e ho visto arrivare l’auto di uno dei due, non si è fatto vedere e se n’è andato. Quando sono tornata all’auto l’ho trovata tutta coperta di scritte incise con un coltello. Adesso è così e devo trovare un carrozziere che me la metta a posto. Lui non ha ammesso di essere stato lui. Spero di non rivederlo.

Quello che sa delle pecore un pastore figlio di pastori non è quello che gli è stato detto, è quello che ha imparato.
Quello che sa delle pecore un pastore figlio di pastori non è quello che gli è stato detto, è quello che ha imparato.

Preferisco l’autunno che la primavera, qui arriva una pace, delle giornate terse..quella bell’arietta di ottobre con il cielo limpido dell’autunno scorso fa dimenticare tutto quello che non va.

La gente alla festa di Santa Elisabetta

2016 08 12 la gente della festa di Sainte Elisabeth
La Montette

Col du Mayt
Col du Mayt

Discesa dal col du Mayt mezza demolita dall’andirivieni delle pecore che vengono recintate ogni sera intorno alla capanna del pastore che si trova un vallone più in là. L’ultima franetta ha reso proprio impossibile capire da che parte andasse il sentiero e me lo sono inventato scendendo nei prati di erba gialla e liscia.
Il piano era di accamparsi alla cappella di Sainte Elisabeth a picco sotto di me. Vedo il tetto già da un po’ ma vedo anche molta gente che arriva e mi guarda scendere con il naso all’insù, sembrano scout. Sono scout di Lille che sono scesi qui in Queyras per un campo di servizio di tre settimane. Prestano la forza del loro gruppo all’Association pour la preservation du patrimoine du Queyras, un associazione di volontari che da vent’anni rende al proprio territorio tutte le sue energie, restaurando cappelle, sentieri e ponti che altrimenti andrebbero in rovina.
Il cantiere aperto in questo momento è una via crucis monumentale sopra Abries e oggi questi ragazzi hanno spostato pietre per tutto il giorno.
Saint Elisabeth è stata messa a posto dieci anni fa, unico edificio superstite di tutto il villaggio che è stato bombardato fino alla distruzione totale alla fine della guerra. È un paese verticale, i viottoli girano a monte di quello che resta di quei mucchi di pietre, tavole di larice e ferramenta ritorto e si precipitano verso il fiume. Terrazzamenti verticali a loro volta sostengono fazzoletti miseri di terra in piano. Valeva la pena di sforzarsi così tanto per vivere qui? La fontana spruzza un bel getto di acqua molto buona e lì sotto ci sono ben due torrenti.
Sainte Elisabeth sta in cima al triangolo.

Jan Luc Grizolle e Mario Falchi
Jan Luc Grizolle e Mario Falchi

Oltre ai personaggi notevoli dell’associazione e alle poche persone del paese sottostante, si trovavano lì Jean Luc Grizolle, parroco del Queyras e Mario Falchi, un professore di biotecnologie di Milano in pensione che per passatempo è diventato il responsabile dell’aspetto storico del parco del Queyras e ha voce in capitolo in molte associazioni di questo dipartimento.

Passerò solo questa sera in Queyras e ascolto i discorsi di questi personaggi mentre Isotta bruca intorno alla fontana.
– gli allevatori non vogliono prendere i patou, sono pericolosi con i turisti e ci sono già stati dei casi di aggressione. Inoltre se accettassero i patou, vorrebbe dire che hanno accettato il lupo e non è così.
– È più facile che se vedono un lupo lo facciano sparire prima che qualcuno se ne accorga, altrimenti è la fine, cominciano ad arrivare forestali, esperti e controlli a non finire e non si riesce più a lavorare.
– Gli ecologisti lì si lascia parlare, tanto con quella gente è inutile discutere. Nel parco c’è solo gente così, vengono da fuori, non conoscono il territorio nè gli interessa, sono pieni di buoni sentimenti e prendono tutte le decisioni senza alzarsi da dietro la scrivania.
– All’inizio il parco era diverso. Philippe Lamour, il primo direttore aveva scelto il personale tra gli abitanti dei villaggi, era gente del paese e camminava tutto il giorno, poi hanno cominciato ad arrivare impiegati di città per gestire chi stava sul territorio e altri ancora a gestire quelli che gestivano e alla fine non serviva più che nessuno camminasse, l’importante era trovare lo stipendio per questi personaggi qui. Adesso è così.
– Il lupo lo hanno portato in Mercantour dei pazzi ecologisti italiani. Portandolo lì erano sicuri che si sarebbe insediato bene, le montagne sono foderate da greggi che li hanno subito messi a loro agio e da lì si sono sparsi in tutta la Francia.
– Da quando è tornato il lupo molti allevatori hanno cambiato mestiere e adesso le montagne più impervie sono in balia delle piante pioniere e gli alpeggi sono occupati da pastori della foce del Rodano che caricano qui gli animali in estate e poi se ne vanno e non hanno nessun contatto con la gente dei villaggi.

Il fuoco acceso dagli scout scalda e ascolta i loro canti
Il fuoco acceso dagli scout scalda e ascolta i loro canti

Ho sentito molte cose ma ero stanca e lì non sarei sicuramente riuscita a dormire, mentre tutti cantavano belle canzoni intorno al fuoco ho riempito la borraccia, sellato Isotta e sono partita nella notte in cerca di un prato in piano.
Chissà se ci fosse stato qualche altro personaggio del parco che cosa non sarebbe venuto fuori. Sotto le stelle le parole mi facevano scoppiare la testa come lapilli di una polveriera.
Un bel prato in piano c’era. Eravamo ormai vicine alla Guil. Non ho montato il telo, mi sono svegliata con tutto asciutto.

Oberbuchach

Hannis e la sua famiglia davanti alla stalla delle pecore che accudisce per e con passione. Oggi era il momento di tagliare le unghie e somministrare il vermifugo.
Hannis e la sua famiglia davanti alla stalla delle pecore che accudisce per e con passione. Oggi era il momento di tagliare le unghie e somministrare il vermifugo.

– Lupi? No, qui di lupi non se ne parla, è passato un orso l’anno scorso e si è aggirato per le montagne qui sopra ma dev’essere stato disturbato e se n’è andato.
In quel periodo mio marito ha visto una lince, è passata come un’ombra scappando per il suo arrivo. Stava mangiando i resti di una carcassa di capriolo, ma non era stata lei a predarlo, era scuoiato perfettamente e probabilmente era già stato il pranzo dell’orso.
– Si è avvicinato ai vostri animali?
– No, noi abbiamo solo mucche, ma quando si trovava in questa zona ha mangiato delle pecore su in montagna.
Dovevo cambiare itinerario, rientro in Italia già oggi, mi ero fermata per chiedere informazioni sui sentieri che avevo in mente e mi hanno consigliato di salire a questo colle anziché da Obertiliach. Mi ha offerto un gelato alla birra che ha fatto come prova, aveva tutto quello che è buono della birra, senza tutto quello che è cattivo.
Ho risellato e sono salita per un’ora sulla strada di Straniger Alm fino al primo prato.
Qui c’erano Annis e il figlio con la fidanzata che stavano somministrando il vermifugo e tagliando le unghie alle pecore.
– Sì, è stato proprio qui, mi ha mangiato una pecora, l’ha uccisa lì e l’ha trascinata fino a là sopra. L’ha scuoiata con una precisione chirurgica e quando sono arrivato c’erano solo più lo scheletro perfettamente pulito e le ossa. Mangia proprio tutto.
Ho dormito a venti metri dal posto dove l’orso ha mangiato la pecora, non ho messo le pastoie a Isotta, mi sentivo più tranquilla. Lei è andata a pascolare proprio lì, poi ha alzato di colpo la testa, è venuta di corsa vicino al telo, ha pensato per dieci minuti e si è rimessa a mangiare dall’altra parte. Sarà suggestione, a me sembra che questa benedetta cavalla sappia molte cose.
Prima del colle ci sono un rifugio e un alpeggio, i gestori sono saliti oggi per riordinare in vista dell’estate, c’era un ragazzo che ha raccontato di aver visto tracce di orso sulle chiazze di neve del sentiero alto. Sarà lo stesso?

Uberbuchach

2016 06 07 Unterbuchach