Quando il destino propone un dono, domanda un prezzo, entrambi talmente imprevedibili da essere irriconoscibili.
Non so se quando Nikolaji Michailovich Przewalski si trovò stritolato dal tifo, nel bel mezzo del suo quinto viaggio in Asia, si disperò. Sicuramente soffrí. Quando capí che non sarebbe mai rientrato a casa si trovava a Karakol, in Kirghizistan, chiese allo zar di essere seppellito sulle rive dell’ Issik Kul e così fu.
Rimane un mausoleo, é stato pensato anche un museo, la città di Karakol dopo la rivoluzione venne chiamata Przewalsk in suo nome.
L’impronta dell’ultimo bivacco di questo grande esploratore era una semplice fossa con una croce ortodossa di legno. Il luogo é un promontorio che arretra la punta più occidentale del lago Issik Kol: da lí si guarda sul lago e si sente il ‘persempre’, si guarda alla corona di montagne innevate che lo circondano e si sente il senso dell’ avventura.
Cosa significa ‘casa’ per un esploratore? Può essere stato un dono rimanere lí per sempre? O é un dono per tutti gli avventurieri a venire, sognare la fine in un posto come quello, nel bel mezzo di una grande impresa?
Sono andata a porgergli omaggio e spero che la bellezza di quell’angolo di mondo mi resti sotto la pelle. Vorrei averlo conosciuto quando era un uomo.
è da tanti anni che penso al viaggio che sto vivendo adesso. la prima volta che ero stata in Mongolia era solo un abbozzo di idea, era il 2007 ed ero andata laggiù per vedere i cavalli di Przewalski.